“Viviamo un mondo in cui sembra impossibile trovare un equilibrio tra naturale ed artificiale. Quasi che questa dicotomia sia impossibile da gestire. Da una parte la modernità, le fabbriche, gli elettrodomestici, i prodotti e i veleni chimici, i sapori e gli odori riprodotti in laboratorio, la tecnologia… dall’altra le tradizioni da riscoprire, l’orto da coltivare dietro casa, il biologico, il biodinamico, la vacanza wild, la marmellata fatta in casa… Noi ci troviamo nel mezzo, ognuno col suo grado di consapevolezza e di ignoranza. Viviamo sotto il fuoco incrociato di notizie allarmanti e catastrofiche che fatichiamo a gestire. Notizie rispetto alle quali non sempre sappiamo come comportarci. Il più delle volte ignoriamo, in certi casi per scelta, in altri perché informarsi è complesso, farsi un’opinione è complesso, essere coerenti è complesso. La terra collasserà a breve a causa del surriscaldamento? L’avanzata dei deserti raggiungerà all’improvviso il nostro pianerottolo? L’isola di plastica presente nell’oceano pacifico diventerà davvero meta di vacanza? Lo zucchero bianco è davvero un veleno peggio dell’eroina? La tassa sulla plastica è realmente un provvedimento caro solo a un’élite pseudointellettuale? Perché una pubblicità che mi indica che i biscotti in questione sono senza lattosio dovrebbe invogliarmi ad acquistarli? Quanti kilometri percorre una banana prima che io possa scivolare sulla sua buccia? Quanti litri d’acqua servono per produrre una bistecca? Quanto è preziosa l’acqua utilizzata per produrre la suddetta bistecca? Quante delle suddette bistecche posso mangiare al minuto per non sentirmi un nemico della terra? Quante popolazioni sono state sgomberate dalle loro terre per soddisfare il fabbisogno di anacardi richiesti dal mercato mondiale per alimentare chi non mangia più le suddette bistecche? Chi taglierà la coda al cane affinché smetta di mordersela? Dato che è un cane che si morde la coda, tagliamo la testa al toro e lasciamo che a decidere tutto siano gli specchietti per allodole? Ognuno nel suo piccolo può fare la sua parte. Quale? Io vorrei sapere qual è la mia. Vorrei che qualcuno me lo dicesse. Giuro che la farei. Al massimo se non mi piace la scambio con qualcun altro. Meglio acquistare prodotti biologici confezionati nella plastica o prodotti non biologici confezionati nella carta? Guardo al mio bene o a quello collettivo? Un po’ per ciascuno non fa male a nessuno. Partiamo da qui, da queste domande, che non possono nemmeno essere definite provocazioni, perché sono domande reali, che ci accompagnano e ci assillano, a cui rivolgiamo attenzione a volte e che fingiamo di non udire altre, per costruire uno spettacolo che condiva col pubblico le nostre domande. Per approfondire temi e questioni che ci sono cari. Che non crediamo abbiano una sola risposta, ma che non possiamo accantonare per questa ragione”.
È aperto fino al 13 marzo il bando per candidarsi al corso di formazione permanente gratuito dal titolo
La materia del suono:Sound Design nelle performing arts diretto da Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi con il sound designer Marco Olivieri e il light designer e direttore tecnico Luca Pagliano.
È aperto fino al 13 marzo il bando per candidarsi al corso di formazione permanente gratuito dal titolo La materia del suono: il sound design nelle performing arts diretto da Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi in dialogo con il sound designer Marco Olivieri e il light designer e direttore tecnico Luca Pagliano.
Malagola – ideato e diretto da Ermanna Montanari, co-fondatrice e direzione artistica delle Albe, e dallo studioso e docente dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Enrico Pitozzi – è nato nell’ottobre del 2021 e raccoglie attività dal respiro internazionale collegate tra loro: la scuola, archivi sonori e audiovisivi tra i quali l’Archivio Demetrio Stratos, il Collegio Superiore di Estetica della Scena che promuove partnership editoriali, incontri, seminari, performance, concerti.
Il corso di formazione permanente La materia del suono: il sound design nelle performing arts – gratuito e dedicato a 13 studenti – mira a consolidare e/o riqualificare figure professionali che gravitano a diverso titolo intorno alle competenze connesse al sound design negli ambiti di produzione artistica, dalle arti performative alle installazioni, dai live set a quelli museali e radiofonici, così da delineare figure di alto profilo tecnico, realizzatori di progetti artistici fondati sulla spazializzazione, modellizzazione e registrazione-documentazione del suono. È pensato in sinergia con il progetto di alta formazione artistica Forme e tecniche della vocalità, al fine di creare una filiera di competenze sia artistiche che tecniche nelle attività del centro.
Tra i docenti dei 4 moduli in cui si articola il corso, insieme ai direttori Montanari e Pitozzi, al sound designer Marco Olivieri e al light designer e direttore tecnico Luca Pagliano, ci saranno diverse figure di primo piano che hanno elaborato sia strumenti che prospettive metodologiche di lavoro sul suono e la sua diffusione in spazi architettonicamente diversi, senza dimenticare l’incontro con artiste/i che hanno impiegato questi sistemi nella realizzazione delle loro opere, come: Nicola Prodi, Hubert Westkemper, Luigi Agostini, Massimo Carli, Robin Rimbaud aka Scanner e Scott Gibbons.
Sarà Silvia Pagliano ad assumere la direzione organizzativa del progetto, lavorando con la squadra organizzativa e tecnica delle Albe/Ravenna Teatro. Tutor sarà Gabriella Birardi Mazzone.
La Scuola di vocalità è segnata dal tratto del disegnatore Stefano Ricci, che ha composto il logo e i materiali, insieme al progetto poetico per i social di Malagola di Marco Sciotto, studioso e responsabile degli archivi.
Tra i partner promotori a livello regionale, nazionale e internazionale che aderiscono al progetto: Fondazione Ravenna Manifestazioni-Ravenna Festival, Consorzio Digitalia, ERT- Emilia Romagna Teatro, Fondazione I Teatri, Conservatorio Statale di musica G. Verdi di Ravenna, Santarcangelo dei Teatri – Santarcangelo Festival, Tempo Reale – Centro di ricerca, produzione e didattica musicale, BH Audio, Tempi Tecnici Società Cooperativa, Robin Rimbaud Art Foundation.
LA MATERIA DEL SUONO: IL SOUND DESIGN NELLE PERFORMING ARTS
corso di formazione permanente per 13 studenti Ravenna | da aprile a maggio 2025
150 ore complessive: 100 ore di lezioni in aula, 50 ore di “Project Work”
Requisiti di accesso:
abbiano residenza o domicilio sul territorio della Regione Emilia-Romagna;
siano dotati di titolo di formazione secondaria;
abbiano pregresse conoscenze, competenze ed esperienze professionali inerenti all’utilizzo e alla gestione di sistemi audio professionali (nell’ambito di teatro, cinema, danza, musica, multimedia, ecc.) acquisite attraverso percorsi formativi formali di formazione terziaria coerenti ed esperienze professionali testate;
abbiano comprovate competenze ed esperienze nei settori musicali (musica strumentale, elettronica ed elettroacustica) e conoscenza delle principali tecnologie applicate alla spazializzazione e ai sistemi di modellizzazione del suono.
Al termine sarà rilasciato un attestato di frequenza
Malagola fa parte delle attività di formazione teorico-pratiche avviate dal Centro di produzione ed Ente di formazione Teatro delle Albe/Ravenna Teatro.
Operazione Rif. PA 2024-23090/RER approvata con DGR n. 2287 del 09/12/2024 e cofinanziata con risorse del FSE+ 2021-2027 e della Regione Emilia-Romagna
Ravenna Teatro ha ottenuto la certificazione di parità di genere
Un atto quasi dovuto, alla luce del fatto che i parametri che regolano questa certificazione sono le linee guida a cui questo centro di produzione teatrale si attiene fin dalla sua nascita, avvenuta oltre trent’anni fa. I parametri chiave (i cosiddetti “KPI”) che vengono tenuti in considerazione prevedono ad esempio la definizione di una politica di parità di genere aziendale, l’implementazione di un sistema di gestione e la nomina di un comitato guida per la redazione di un piano strategico dettagliato. Ma il raggiungimento della prima certificazione è solo l’inizio del percorso, poiché l’obiettivo finale è il miglioramento continuo degli indicatori. L’impegno del movimento cooperativo precede il rilascio della norma — la UNI/PdR 125:2022 — che definisce la procedura. L’organico di Ravenna Teatro è composto per oltre il 50% da donne. Gli uffici amministrativi, promozione e logistica sono retti esclusivamente da donne.
Ravenna Teatro si impegna pertanto a
non ammettere alcuna forma di discriminazione diretta o indiretta, in relazione al genere, all’età, all’orientamento e all’identità sessuale, alla disabilità, allo stato di salute, all’origine etnica, alla nazionalità, alle opinioni politiche, alla categoria sociale di appartenenza e alla fede religiosa, alle responsabilità famigliari e assistenziali, o qualsiasi altro elemento considerato discriminatorio;
a preservare ed accrescere il valore del proprio personale, promuovendone la tutela dell’integrità psicofisica, morale e culturale attraverso condizioni di lavoro rispettose della dignità individuale e delle regole comportamentali;
favorire l’impegno di tutte le risorse ad agire con rispetto e integrità in ogni relazione con colleghe e colleghi, soci, clienti, fornitori e con tutti gli attori con cui interagiscono;
promuovere l’effettiva parità tra uomini e donne in tutte le fasi del rapporto di lavoro, inclusi i processi di: selezione, assegnazione dei ruoli, valutazione delle prestazioni, promozione e avanzamenti di carriera, trattamento retributivo, cessazione del rapporto;
promuovere l’empowerment femminile, per consentire alle donne di far sentire la propria voce, di individuare i propri talenti, e acquisire forza e fiducia sia nella quotidianità sia nel loro lavoro;
adottare misure volte ad accrescere la consapevolezza delle proprie risorse sui temi delle pari opportunità, diversità e inclusione, anche attraverso lo sviluppo di programmi di informazione, formazione e condivisione;
curare la propria comunicazione, sia interna che esterna, sui principi della responsabilità, utilizzando un linguaggio rispettoso delle differenze di genere ed evitando lo stereotipo di genere;
garantire che i generi siano equamente rappresentati tra i relatori dei panel di tavole rotonde, eventi, convegni o qualsivoglia evento di carattere scientifico.
Il Teatro Rasi ospita due serate di incontri e proiezioni con i registi Mario Martone, Clemente Tafuri, Cesare Ronconi
Martedì 18 febbraio e sabato 22 febbraio Ravenna Teatro organizza al Teatro RasiTra Teatro e Cinema, due serate di incontri e proiezioni all’insegna della stretta relazione che intercorre tra le due arti.
La serata di martedì 18 febbraio inizierà alle 20:00 e vedrà il regista Mario Martone in dialogo con Cristina Piccino (il manifesto, Filmmaker Festival) e Luca Mosso (Filmmaker Festival). Verrà proiettata la pellicola del regista napoletano dal titolo Teatro di Guerra (produzione Teatri Uniti, Lucky Red, durata 113′), ambientata a Napoli nel 1994 e definita dal Morandini “Il miglior film italiano degli anni ’90”. La trama racconta la storia di un gruppo di attori di teatro che, durante la guerra civile jugoslava, sceglie di mettere in scena una rilettura del testo di Eschilo “I sette contro Tebe” e di portare lo spettacolo a Sarajevo assediata come atto di solidarietà culturale. Le prove hanno luogo nei quartieri spagnoli, a Napoli, e diventano l’occasione per mettere a nudo tutti i problemi e le incoerenze degli interpreti. Vite, destini e passioni si intrecciano tra scena e realtà. Sullo sfondo un fedele spaccato della città partenopea anch’essa piena di contraddizioni. Nel cast troviamo Andrea Renzi, Anna Bonaiuto, Iaia Forte, Roberto De Francesco, il ravennate d’adozione Marco Baliani e Toni Servillo.
Sabato 22 febbraio la serata inizierà a partire dalle 18:00 e sarà dedicata ad una tra le figure più controverse del Novecento teatrale, Carmelo Bene. Il dialogo sarà tra Clemente Tafuri (regista, scrittore e direttore artistico di Teatro Akropolis) e Matteo Marelli (Film Tv e Filmmaker Festival). Si potrà assistere alla visione del film La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro. Carmelo Bene con Valentina Beotti, Margherita Fabbri, Daniela Paola Rossi (produzione Teatro Akropolis, AkropolisLibri, durata ’53). La pellicola, attraverso le parole del protagonista della neoavanguardia teatrale italiana, si addentra nel paradosso dell’irrappresentabilità, evocando i grandi temi della filosofia ispirati da Schopenhauer, Nietzsche e Giorgio Colli tra gli altri. Successivamente, dalle 21:00, si darà spazio alla produzione video di Teatro Valdoca. Cesare Ronconi, co-fondatore della compagnia cesenate insieme a Mariangela Gualtieri, sarà in dialogo con Fulvio Baglivi (Rai3 Fuori Orario – Cose (Mai) Viste) e Lucrezia Ercolani (il manifesto). Nell’arco della serata verranno proiettati Come cani, come angeli, “un cortometraggio interamente concentrato sugli umani e sulla luce” con (in ordine di apparizione) Lia e Aurora Sindona, Silvia Calderoni e Nico Guerzoni, Ida Travi, Lea Marjovski Griggio ed Elena Griggio, Giorgiomaria Cornelio e Lucamatteo Rossi, Matteo Ramponi. I versi da cui le immagini vengono generate sono di Ida Travi (durata 27′); L’ultimo ritocco del nume su Eva Nascente + il desiderio del Nume su Eva nascente, con Massimo Abbondanza e Mariangela Gualtieri (durata 5′); Confiteor (durata 8′) e MCMXC (Millenovecentonovanta; durata 30′) con la voce recitante di Gualtieri.
INFORMAZIONI E BIGLIETTI
🎟 Ingresso per una proiezione: 5 €
🎟 Abbonamento per tre proiezioni: 10 € (prenotabile telefonicamente)
I biglietti sono disponibili su questo sito e acquistabili anche direttamente al Teatro Rasi a partire da un’ora prima dell’evento.
📍 Teatro Rasi – Via di Roma 39, Ravenna
📞 Info: Ravenna Teatro – 0544 36239
L’Arlecchino che Andrea Pennacchi porta in scena farà forse sussultare i tanti Arlecchini che nel tempo hanno fatto grande questa maschera della commedia dell’arte. Lui cerca in tutti i modi di essere all’altezza del ruolo, ma non ne azzecca una, è goffo, sovrappeso, del tutto improbabile, ma è in buona compagnia: gli altri attori, che, come lui, sono stati assoldati, con misere paghe, dall’imprenditore Pantalone, sono, al pari di Arlecchino, debordanti, fuori orario, catastroficamente inadeguati. Eppure tutti questi sbandamenti, queste uscite di scena e fughe dal copione, che sono anche uscite nella contemporaneità dell’oggi, queste assurde prestazioni, queste cadute di stile e cadute al suolo di corpi sciamannati, tutte queste parole affastellate, tutto questo turbinio di azioni e gesti, stanno proprio rifacendo il miracolo della grande commedia goldoniana, in una forma non prevista, una commedia dirompente, straniante, che ricostruisce la tradizione dopo averla intelligentemente tradita. Ed ecco allora che la storia, nonostante tutto, anzi proprio grazie a questo tutto invadente, si dipana nella sua narrazione e ne esce un Arlecchino mai visto che riunisce stilemi diversi, frammenti di cabaret, burlesque, avanspettacolo, commedia, dramma, un gran calderone ultrapostmoderno che inanella via via pezzi di memoria della storia del teatro.
Per riuscire a creare un simile guazzabuglio di intenzioni, per riuscire a renderlo eccezionalmente vivo, occorrevano attori capaci di seguirmi in un simile delirio. Ed eccoli qui, una compagnia di compagni e complici, Marco Artusi, Maria Celeste Carobene, Miguel Gobbo Diaz, Elisa Pastore/Margherita Mannino, Valerio Mazzucato, e Anna Tringali, capaci di interpretare contemporaneamente più ruoli, di passare dalle proteste borbottanti degli attori sottopagati, alle vorticose azioni dei personaggi della commedia che pur devono rappresentare.
In questo incessante salto mortale di identità è il loro talento a tenere insieme ciò che di continuo sembra sfuggire alla presa. Appartengono di diritto alla grande tradizione del teatro veneto, grande perché sempre capace di rischiare per rinnovarsi, come accade su queste tavole sceniche imbandite di follia arlecchinesca. Durante le prove immaginavo di avere Carlo Goldoni seduto in terza fila, e dovevo dirgli di fare silenzio tanto si sganasciava dalle risate, con gli occhi stupiti di bambino mai cresciuto di fronte a questa sua opera divenuta così inverosimile da essere ancor più sua.
E quando poi le musiche di Giorgio Gobbo, eseguite dal vivo dal duo “i sordi” con Matteo Nicolin alla chitarra e Riccardo Nicolin alla batteria, si infilavano come blitz sorprendenti costringendo gli attori a divenire anche danzanti e cantanti il Goldoni là dietro non si teneva più. Infine che dire delle scene fluttuanti di Carlo Sala, una scenografia semovente, mobile, semplice come lo è la creatività quando si dimentica di dover fare bella figura e si lascia andare al gioco infantile, grazie agli stessi attori che si fanno operai macchinisti modificando la scena di continuo come avvenissero improvvise folate di vento, a volte in forma di bufera a volte come zefiro primaverile.
Il testo febbrilmente rimaneggiato ogni giorno, a partire dalle intuizioni che sorgevano in me, vedendo all’opera la creatività degli attori, e trascritto con solerzia da Maria Celeste Carobene, è proprio quello che fin dall’inizio avevo immaginato. Le parole che vengono fatte volare sono anch’esse leggere, eppure, eppure, come accade davvero nella vera commedia, arrivano stilettate e spifferi lancinanti che parlano dei nostri giornalieri disastri di paese e di popolo, così che i terremoti scenici ci ricordano il traballare quotidiano delle nostre esistenze.
Se hai tra i 18 e i 29 anni Ravenna Teatro ti offre la possibilità di svolgere servizio civile volontario presso il proprio Centro di Produzione. Per un anno si avrà la possibilità di lavorare con la squadra organizzativa e a stretto contatto con gli artisti e le artiste delle Albe, approfondendo la conoscenza dei diversi progetti tra il Teatro Rasi e PalazzoMalagola.
Il link al quale candidarsi è https://domandaonline.serviziocivile.it/, il progetto ha per titolo Facciamo cultura: l’arte della comunità e va indicata la sede del Centro di Produzione, Teatro Rasi via di Roma, 39 Ravenna.
ALLENAMENTI
con Monica Francia, Ida Malfatti, Zoe Francia Lamattina
Allenamenti è un ciclo di appuntamenti laboratoriali offerti alla cittadinanza. Gli incontri sono gratuiti e aperti a tutt+ e propongono pratiche della danza di ricerca volte ad attivare sensibilità e movimenti extraquotidiani.
Allenamenti è uno dei modi in cui appare archivia, gruppo di ricerca coreografica creato da Zoe Francia Lamattina nel 2021 con l’obiettivo di lavorare e trasformare il repertorio di pratiche e partiture prodotte tra gli anni Ottanta e i primi Duemila da Monica Francia.
Quest’anno il fuoco è sul processo verso lo spettacolo fragolesangue a cura di Zoe Francia Lamattina, Ida Malfatti e Monica Francia in scena a Ravenna Festival 2025.
L’esposizione, ospitata a Palazzo MALAGOLA di Ravenna, rimarrà allestita fino al 2 febbraio 2025 e in due week-end di apertura straordinaria: 7 – 9 febbraio, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18 e 14 – 16 febbraio, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18
“Quando un corpo si congeda, ciò che resta è la presenza della voce”.
Enrico Pitozzi, Ermanna Montanari
Fotografie di Marco Sciotto
Grazie allo straordinario successo e alla grande affluenza di pubblico, il Centro internazionale di ricerca vocale e sonora Malagola annuncia la proroga di Fino ai limiti dell’impossibile. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979. Secondo movimento, la mostra curata dall’artista e co-fondatrice delle Albe Ermanna Montanari e dal docente e studioso Enrico Pitozzi – entrambi ideatori e direttori del Centro.
Fino ai limiti dell’impossibile, la cui chiusura era inizialmente prevista per venerdì 31 gennaio, rimarrà allestita fino al 16 febbraio, ma sarà visitabile regolarmente fino a domenica 2 febbraio e poi in altri due week-end di apertura straordinaria: dal 7 al 9 febbraio e dal 14 al 16 febbraio, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18.
La mostra, che ha come curatori associati Marco Sciotto e Dario Taraborrelli, è stata inaugurata lo scorso 14 dicembre 2024 e presenta una selezione di materiali dell’Archivio Demetrio Stratos, acquisito alla fine del 2022 dal Comune di Ravenna, con co-finanziamento della Regione Emilia-Romagna, direttamente dalla vedova Stratos Daniela Ronconi Demetriou e proprio in Palazzo MALAGOLA ha trovato la sede ideale per la sua cura e la sua fruizione.
Fino ai limiti dell’impossibile è un “secondo movimento”, una nuova preziosa tappa nel percorso di conservazione e valorizzazione di un patrimonio documentale di inestimabile valore riguardante una delle figure più importanti nel campo delle arti performative del Novecento, che ha fatto della ricerca sulla vocalità il tratto distintivo del proprio percorso artistico: arriva infatti a un anno di distanza da Amorevolmente progredire, amorevolmente regredendo, una iniziale esposizione dei primissimi materiali sottoposti a un lavoro di riordino, catalogazione e digitalizzazione (quest’ultima a cura di Istituzione Biblioteca Classense di Ravenna) che ha riscosso subito un notevole successo di pubblico e di studiosi. E che da quel momento è diventata disponibile alla fruizione pubblica.
Se il “primo movimento” presentava un nucleo di materiali riguardanti Demetrio Stratos e il suo rapporto con altri artisti, John Cage su tutti, lo spirito di questo “secondo movimento” è l’apertura della ricerca vocale di Stratos alla dimensione extraeuropea, alle musiche dal mondo e alla loro relazione con la diplofonia e con il canto armonico che in Fino ai limiti dell’impossibile troverà il suo culmine in una delle stanze di Palazzo MALAGOLA appositamente dedicata all’ascolto immersivo.
“Intorno ai limiti del linguaggio prende dunque corpo il secondo movimento dell’esposizione dei materiali. Ed è qui che assumono il loro pieno valore due modi che non solo Stratos pratica, ma che esprime pedagogicamente nella loro piena consapevolezza tecnico-anatomica: il controllo del respiro e la ripetizione, che risuonano sia in Antonin Artaud che nella ricerca da autodidatta sul canto difonico” affermano Enrico Pitozzi ed Ermanna Montanari. “Il controllo del respiro è tecnica ascetica, piena consapevolezza che la voce non inizia ma affiora, s’inscrive in un movimento che già da sempre è presente e si dispiega silente, in attesa che un soffio la esprima, la prema fuori, la lasci affiorare in tutto il suo incanto. Lo sa bene Artaud, nella sua radicale urgenza di rifondare il teatro a partire dalla riscoperta di una parola prima della parola, tensione poetica consegnataci nell’opera Pour en finir avec le jugement de Dieu (1947) che Stratos registrò nel 1978. Così come lo sanno bene i cantori mongoli, e più in generale le tradizioni sonore dell’area del Mediterraneo, che Stratos frequenta assiduamente”.
Alla documentazione appartenente all’archivio – tra cui materiali audiovisivi di performance, lezioni e concerti, appunti preparatori legati alla sua produzione artistica, stampe di fotografi che ne hanno immortalato il lavoro nel corso degli anni, strumenti musicali, oggetti, cimeli, capi d’abbigliamento, libri, dischi in vinile, manifesti relativi tanto al suo lavoro da solista quanto a quello con I Ribelli e con gli Area, copie di tesi di laurea, studi e saggi dedicati alla sua ricerca, la rassegna stampa raccolta nel corso dei decenni, alcuni dei quali sono stati messi in mostra nel 2023 – si aggiungono per questo “secondo movimento” documenti inediti sulle performance di Stratos, a partire da quelle che convocano Antonin Artaud e quelle relative a Le milleuna, lavoro in collaborazione con Nanni Balestrini e la coreografa Valeria Magli. E poi ancora materiali riguardanti la sua partecipazione al progetto/happening del 1978 Il treno di John Cage, il suo contributo come autore delle musiche Satyricon diretto da Gabriele Salvatores nella stagione ’78-79 del Teatro dell’Elfo.
Oltre al focus sulle musiche extra-europee, un altro nucleo tematico attorno al quale è organizzata la mostra è quello sul “gesto”: il gesto vocale, i gesti che mettono in campo il corpo e la voce. “Questi tratti della ricerca vocale di Stratos, possono essere pensati come gesti vocali che – nell’incedere del dittico espositivo – si depositano in tracce di volta in volta specifiche, trovando forma in materiali visivi, negli appunti, negli schizzi, nelle partiture a-sistematiche e nei materiali sonori registrati, restituendoci il profilo di una figura artistica prismatica e insofferente alle definizioni, lontano tanto dalla «scena ufficiale» del rock o del pop quanto da quella «d’autore» di quegli anni” aggiungono i due curatori della mostra e direttori artistici di Malagola.
Ben 7 gli ambienti differenti in cui si articola la mostra: una sala sarà dedicata a manifesti che attraversano la storia degli Area e di Stratos solista, una sala cinema con materiali audiovisivi di lunga durata, una sala dedicata a materiali cartacei e fotografici con frammenti di materiali audiovisivi da fruire in un monitor “d’annata”; tre sale dedicate all’ascolto di cui una per ascolto immersivo, una con proposta di ascolti in cuffia associati a materiali esposti all’interno della sala e una sala con una selezione di ascolti che il pubblico potrà scegliere da un menù touch e che propongono canti e musiche di popoli dal mondo presenti nella collezione di dischi di Stratos e le musiche realizzate per il Satyricon; e, in chiusura, una nicchia contenente una serie di oggetti, cimeli e materiali appartenuti all’artista.
Una grande mostra, dunque, che ancora di più restituisce la stratificazione, la complessità e la multiformità di una personalità artistica come quella di Demetrio Stratos.
Infine, in occasione di questa nuova grande esposizione, verrà realizzata una nuova versione, aggiornata, del catalogo pubblicato da Sigaretten Edizioni Grafiche dal titolo Noi non crediamo nello stile. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979, comprendente sia il Primo – Amorevolmente progredire, amorevolmente regredendo – che il Secondo movimento, Fino ai limiti dell’impossibile.
Fotografie di Marco Sciotto
DEMETRIO STRATOS – NOTA BIOGRAFICA
Demetrio Stratos (italianizzazione di Efstratios Demetriou) nasce il 22 Aprile 1945 da genitori greci ad Alessandria d’Egitto, dove trascorre i primi tredici anni della sua vita e dove frequenta il Conservatoire National d’Athènes, studiando fisarmonica e pianoforte. A seguito degli eventi politici che coinvolgono l’Egitto, si trasferisce dapprima a Cipro e poi, nel 1962, in Italia, dove si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e fonda, l’anno successivo, un gruppo musicale studentesco all’interno del quale figura inizialmente solo come tastierista e successivamente anche come cantante. Nel 1966 si unisce al gruppo rock I Ribelli, che lascia nel 1970 per fondarne uno proprio con musicisti inglesi. Nello stesso anno, anche grazie all’interesse verso la fase di ‘lallazione’ della figlia Anastassia – nata dal matrimonio con Daniela Ronconi, avvenuto l’anno prima –, prende avvio la sua attenzione e la sua ricerca sulle possibilità della vocalità svincolata da ogni relazione con il linguaggio. Nel 1972 nasce il gruppo Area, che l’anno dopo registrerà per la Cramps Records di Gianni Sassi, già partecipe del gruppo Fluxus, il primo album Arbeit macht frei, con una formazione costituita da Stratos, Giulio Capiozzo, Patrizio Fariselli, Ares Tavolazzi e Giampaolo Tofani. Due anni dopo, nel 1974, si avvicina al pensiero e all’opera di John Cage, di cui interpreterà Sixty-Two Mesostics Re Merce Cunningham per voce non accompagnata e microfono. Negli stessi anni, la sua ricerca pratica si arricchisce dei suoi studi di musicologia comparata, di vocalità etnica, di tecniche orientali e di psicanalisi, con una particolare attenzione verso i rapporti tra linguaggio e psiche. Nel 1976 viene pubblicato il suo primo disco da solista, Metrodora, un lavoro per sola voce che presenta la sua ricerca vocale degli ultimi anni. Contestualmente, collabora con Franco Ferrero del Centro di Studio per le Ricerche di Fonetica presso il C.N.R. di Padova, con il quale indaga le caratteristiche fisiologiche della propria sperimentazione. Nel 1978 pubblica il suo quinto e ultimo disco in studio con gli Area, intitolato 1978, gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!. Nello stesso anno partecipa, a New York, su invito di John Cage, allo spettacolo Events di Merce Cunningham & Dance Company, al concerto di Cage presso il Teatro Margherita di Genova insieme a Grete Sultan e Paul Zukofsky e, a Bologna, all’evento Il treno di Cage. Alla ricerca del silenzio perduto. Ancora nel 1978 esce, sempre per la Cramps, il suo secondo disco solista, Cantare la voce. Nel 1979 registra Le Milleuna, testo di Nanni Balestrini per l’azione mimica di Valeria Magli e, a Parigi, interpreta per France Culture Pour en finir avec le jugement/28 de dieu di Antonin Artaud. Nello stesso anno progetta, con Paolo Tofani e Mauro Pagani, lo spettacolo Rock’n’roll Exhibition, dedicato ai grandi musicisti del rock anni ’50 e tiene un corso di semiologia della musica contemporanea sulla voce al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. È costretto, però, a rinunciare al progetto – già definito nei dettagli – di insegnare, su proposta di Cage, presso il Center for Music Experiment dell’Università di San Diego, in California, a causa dell’insorgere della malattia che lo con- durrà alla morte il mattino del 13 giugno 1979, al Memorial Hospital di New York. Il concerto che era stato organizzato per il 14 giugno all’Arena di Milano per raccogliere fondi che contribuissero alla degenza di Stratos diviene un grande omaggio di centinaia di musicisti in memoria dell’artista.
MALAGOLA
Ideato e diretto da Ermanna Montanari (fondatrice e direzione artistica delle Albe) e da Enrico Pitozzi (studioso e docente dell’Università di Bologna), è il Centro internazionale di ricerca vocale e sonora che ha sede a Palazzo MALAGOLA, edificio storico di proprietà della Provincia concesso in uso dal Comune di Ravenna. Il Centro è concepito in forte relazione con il Teatro Rasi e, nel quadro della progettualità delle Albe/Ravenna Teatro, ospita attività di ampio respiro tra loro connesse: una scuola di vocalità e di studi sul suono, archivi sonori e audiovisivi, il “Collegio Superiore di Estetica della Scena” che promuove partnership editoriali, incontri, seminari, performance, concerti. Malagola ha ricevuto il Premio Ubu 2022 come progetto speciale e il Premio Radicondoli 2023.
CREDITI
FINO AI LIMITI DELL’IMPOSSIBILE
La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979 secondo movimento
a cura di Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi
Ravenna Palazzo MALAGOLA
14-22 dicembre 2024 e 7-31 gennaio 2025
7 – 9 febbraio
14 – 16 febbraio
curatori associati Marco Sciotto, Dario Taraborrelli
Un doppio approfondimento a cura di Federica Ferruzzi perFantozzi. Una tragedia, regia di Davide Livermore, al Teatro Alighieri dal 23 al 26 gennaio 2025 per La Stagione dei Teatri 2024/2025. Gianni Fantoni ci introduce in video allo spettacolo, mentre l’intervista a Manuela Trancossi, segretaria generale Cgil provincia di Ravenna, ci riporta una fotografia del mondo del lavoro di oggi.
Lo spettacolo di Gianni Fantoni, con la regia di Davide Livermore, offre l’opportunità di dimostrare quanto il teatro sia vivo e sappia parlare all’oggi, affrontando tematiche attuali. La figura di Fantozzi, vera e propria maschera della commedia dell’arte, è diventata nel tempo l’immagine del lavoratore medio. Oggi, però, di quella condizione non rimane nulla: tutto si è appiattito al punto che, anche chi lavora, si ritrova spesso in condizione di precarietà. Per aumentare le domande su di noi e su quello che viviamo, cercando quindi di moltiplicare le prospettive, Ravenna Teatro ha richiesto la collaborazione di Cgil Ravenna, che ha contribuito al confronto che avrà luogo sabato 25 gennaio, al Teatro Alighieri, alle 18:00, quando si parlerà di arte e di lavoro con attori ed esponenti sindacali. Contestualmente, Manuela Trancossi, segretaria generale Cgil provincia di Ravenna, ha risposto ad alcune domande sulla situazione lavorativa in provincia di Ravenna.
Trancossi, qual è la situazione in provincia in ambito lavorativo? Qual è l’andamento occupazionale?
“In linea generale, il ‘24 è stato un anno in cui abbiamo iniziato a vedere i primi segni di una crisi in arrivo; dopo l’estate sono aumentate anche sul territorio ravennate le casse integrazioni e dalle aziende sono arrivati parecchi segnali negativi, come dimostra la chiusura di una realtà, nel cervese, che aveva oltre un centinaio di lavoratori. A questo si aggiungono i temi, a noi molto cari, della salute e della sicurezza: qui i dati complessivi segnano un aumento degli infortuni e delle malattie professionalizzanti”.
Com’è iniziato il ’25?
“Il 2025 non aiuta la situazione generale, non percepiamo grandi margini di miglioramento; continuano le casse integrazioni e la situazione economica non fa intravedere soluzioni positive. Lo scenario politico non offre un’idea di miglioramento. Ad oggi il mondo del lavoro è precariato. Se pensiamo allo spettacolo, nelle situazioni affrontate dal buon Fantozzi possiamo dire che sì, era sfortunato, ma viveva una condizione lavorativa agiata, che gli permetteva di avere una casa di proprietà, di poter fare le vacanze, di possedere un’automobile. Possibilità che, oggi, sono meno diffuse, al punto che anche chi ha un posto fisso vive in condizione di precarietà. Se non si ha un aiuto dalla famiglia è difficile vivere: come dicevo, le difficoltà sono anche legate all’inflazione e agli stipendi, che non sono assolutamente al passo con il costo della vita.
Se prendiamo, ad esempio, i lavoratori del pubblico impiego, che nell’immaginario collettivo sono i più tutelati e che spesso sono tacciati di non fare nulla, oggi scappano dalle Amministrazioni pubbliche in quanto i salari non sono più congrui. I loro stipendi hanno subito un aumento del 5% in un momento in cui l’inflazione è al 17%. A non avere più compensi equi sono anche i medici e gli infermieri, professionalità in forte crisi con salari inadeguati e chi compie lavori professionalmente più poveri ha condizioni ancora peggiori”.
Negli ultimi anni a registrare parecchie difficoltà, anche in una realtà come la nostra, è stato il lavoro stagionale: sembra che nessuno lo voglia più fare…
“Il lavoro stagionale avrebbe bisogno di maggiori regolamentazioni: occorrono tavoli su cui riflettere, c’è sempre carenza di manodopera, ma oggi questo settore ha bisogno di provare ad essere maggiormente regolamentato rispetto a turni e orari. Servono regole in quanto questo tipo di contratto non viene rispettato al 100%. Per questo, aprire un tavolo sul turismo in provincia di Ravenna potrebbe aiutare a trovare meccanismi nuovi su cui provare a lavorare. Un tempo, quel tipo di occupazione permetteva di portare a casa un buon risultato in termini economici, ma oggi non è più così: la Stagione non è più pagata a sufficienza e le persone dicono, giustamente, che farlo ai ritmi che sappiamo non ne vale la pena. Aggiungo che il Covid ha cambiato la percezione del lavoro: lavorare tutta la settimana andrebbe regolamentato meglio”.
Chi dovrebbe partecipare al Tavolo che suggerite?
“Al Tavolo dovrebbero sedere le organizzazioni sindacali, l’associazione degli imprenditori, e questo istituto dovrebbe essere gestito dalla Provincia o dai Comuni maggiormente interessati, quali ad esempio Cervia e Ravenna”.
La differenza salariale tra uomini e donne è sempre molto alta?
“Sì, su questo fronte scontiamo sempre moltissimo: le donne sono quelle che hanno un gap salariale indiscutibile e assodato, hanno i lavori più precari, meno professionali; se penso a tutto il settore socio sanitario, ci sono moltissimi part-time involontari, le donne hanno meno opportunità e spesso hanno un impiego che non permette loro di essere autonome al 100%. A questo si aggiungono i carichi familiari che impediscono loro di assumere altri lavori”.
Quali, in generale, le prospettive?
“Indubbiamente la nostra provincia beneficia di una situazione che viene da lontano: qui c’è ancora un tessuto sociale che ‘tiene’, anche se è in forte difficoltà. È chiaro quindi che, se non cambiano i meccanismi, a partire da aumenti salariali e politiche chiare, e se il Governo taglia i fondi, inevitabilmente si creano vuoti rispetto ai servizi sociali. Se non ci sono le economie, piano piano i servizi vengono erosi; anche noi, in Emilia-Romagna, ci siamo accorgendo che la sanità è in crisi e dopo il Covid è stata messa in seria difficoltà. Altrove, probabilmente, questo non emerge perché la situazione è rimasta pressochè invariata. I Comuni stanno cercando di investire sui servizi alle persone, ma è chiaro che non può durare se non arrivano fondi dal Governo. Puoi tassare i cittadini, certo, ma devi concedere loro entrate maggiori. La povertà è in aumento anche sul nostro territorio, anche se rispetto ad altre regioni la situazione è migliore, ma questo non sarà vero all’infinito”.
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