Dal 14 al 16 ottobre il Teatro Rasi ospita gli Stati Generali della non-scuola
Il 14,15 e 16 ottobre al Teatro Rasi di Ravenna si terranno gli Stati generali della non-scuola organizzati da Ravenna Teatro / Teatro delle Albe. Per la prima volta la città in cui è nata l’idea di realizzare un’esperienza teatrale “asinina” e antiaccademica ospita guide – provenienti da tutt’Italia – che in questi anni hanno contribuito alla crescita di questa pratica non solo a Ravenna, ma su tutto il territorio nazionale. Un’esperienza ideata nel 1991 e cresciuta in forte relazione con le istituzioni locali e scolastiche in diverse parti del mondo, che ha assunto nel tempo l’importanza e il riconoscimento di un vero e proprio passaggio formativo nel segno del cortocircuito di arte e vita.
La non-scuola coinvolge ogni anno centinaia di ragazzi, che si confrontano con i testi della tradizione teatrale, li attraversano e li “mettono in vita” in una preziosa occasione offerta dal teatro, che è prima di tutto “Incontro con l’altro, è l’altro che interroghiamo e che ci interroga, è il nostro specchio rovesciato, è il non conosciuto e il non conoscibile. Il teatro è il laboratorio in cui tale conoscenza oscura può darsi per enigmi, per lampi”, come sostiene da sempre Marco Martinelli, fondatore de Le Albe e della non-scuola.
L’incontro ravennate, condotto da Martinelli, sarà l’occasione per mettere in comune diversi percorsi, un sinodo che vuole essere il primo di una serie di appuntamenti annuali a partire dalla pratica della non-scuola e che sarà rivolto agli addetti ai lavori. Il calendario prevede però tre momenti che saranno invece aperti a tutta la città.
Il primo di questi momenti sarà venerdì 14 ottobre alle 17:00 alla libreria Momo di via Mazzini, dove si terrà la presentazione del libro Manuale d’Incanto di Cristiano Sormani Valli (Sabir editore) che da anni segue con sguardo critico l’attività della non-scuola. Il libro è un piccolo manuale per l’incanto. Ogni disegno è realizzato da mani abili, quelle di Alessandra Di Consoli, che immaginano storie attraverso i colori, trasformando pensieri in personaggi e nuovi mondi da esplorare.
La sera, alle 21, al Teatro Rasi, andrà invece in scena lo spettacolo Achille – Studio sulla fragilità umana di Salvatore Tringali e Orazio Condorelli, con la collaborazione di Francesco Arevalos, che prende spunto dalla figura dell’eroe della mitologia greca per raccontare una storia moderna sulla vulnerabilità terrena. Dal taglio documentaristico, rafforzato dall’introduzione di riprese video, lo spettacolo ha una decisa connotazione sonora segnata dal rumore di acque, che qui assume molteplici significati.
Sabato 15 ottobre, alle 21, dopo una giornata dedicata agli addetti ai lavori, toccherà invece a Michele Bandini con lo spettacolo Cani, una riflessione sugli equilibri di potere talvolta distruttivi, talvolta generativi, che animano i rapporti genitori-figli.
Domenica 16 ottobre i lavori riprenderanno alle 9.30 per concludersi alle 14. La mattinata ospiterà inoltre la trasmissione radiofonica Caffè di Bolzano29 – duetto culturale della domenica mattina condotto da Oliviero Ponte di Pino e Giulia Alonzo – che dopo l’arresto dovuto alla pandemia riparte proprio da Ravenna. Gli incontri sono fruibili online, in diretta e sulle pagine Facebook e Youtube di Bolzano29 e canale Twitch di Bolzano29.
Biglietti
10 euro intero \ 8 euro ridotto Abbonati de La Stagione dei Teatri 2022-2023 \ 5 € Under20
Promozione 2 spettacoli 12 euro (prenotando al numero 378 304 6661 o via mail a promozione@ravennateatro.com)
E production e Ravenna Teatro presentano il prologo di Fèsta, festival delle arti performative contemporanee, dal 4 al 6 ottobre al Teatro Rasi di via Roma 39. Le prime due giornate verranno inaugurate, alle 19, dallo spettacolo della compagnia Menoventi, dal titolo Entertainment. Una commedia in cui tutto è possibile, seguito, alle 21, da Siamo tutti cannibali, produzione firmata da Roberto Magnani / Teatro delle Albe. Giovedì 6 sarà invece possibile assistere al solo spettacolo delle Albe che sarà però fissato alle 21.30.
“Senza di te io non esisto”, “si può amare qualcuno che non c’è?”. Ivan Vyrypaev, autore del testo dello spettacolo, ci accompagna attraverso queste riflessioni e domande ai confini della rappresentazione. In Entertainment. Una commedia dove tutto è possibile un uomo e una donna vanno a teatro per assistere a uno spettacolo che li porta a interrogarsi sull’intima natura dell’intrattenimento. Spettatori attenti e curiosi, condividono e commentano le loro intuizioni sulle regole della finzione teatrale e sul rapporto che intercorre tra i fantasmi che popolano il palcoscenico, senza però riuscire a individuare un netto confine tra l’attore e il personaggio. In scena gli attori Tamara Balducci e Francesco Pennacchia sono guidati dalla regia di Gianni Farina di Menoventi.
In Siamo tutti cannibali è invece l’abisso che abita ogni essere umano il vero protagonista. Una “sinfonia” – nata da una personalissima selezione di brani tratti dal capolavoro letterario di Herman Melville ad opera dell’attore protagonista Roberto Magnani – in cui il contrabbasso diventa la voce dell’intera Pequod, la baleniera capitanata da Achab, pervasa dagli scricchiolii del ponte sotto i piedi dell’equipaggio, come dal furioso sbattere di code degli squali affamati contro la prua e in cui risuonano le voci del capitano con una gamba sola, di Ismaele e di tutti coloroche popolano il veliero. Lo spettacolo nasce dalla richiesta che il contrabbassista Giacomo Piermatti ha rivolto a Magnani dopo aver collaborato con lui alla Chiamata Pubblica – progetto che ha coinvolto centinaia e centinaia di cittadini e cittadine nella costruzione di uno spettacolo dedicato alla trilogia dantesca – insiemeregista del suono Andrea Venieri, allievo di Luigi Ceccarelli, storico collaboratore del Teatro delle Albe.
BIGLIETTI
Intero 10 euro, ridotto 8 euro Under 30e abbonati a La Stagione dei Teatri.
PromozioneEntertainment + Siamo Tutti cannibali 12 euro.
I biglietti si possono acquistare nella biglietteria on-line oppure presso la biglietteria del Teatro Rasi il giovedì dalle 16 alle 18, la sera stessa dello spettacolo oppure prenotando al 3337605760 e pagando con Satispay o tramite bonifico.
INFORMAZIONI E CONTATTI
Ravenna Teatro tel. 0544 36239 / 3337605760, info@ravennateatro.com Gli uffici di Ravenna Teatro sono aperti al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 18 presso il Teatro Rasi in via di Roma 39 a Ravenna.
Il Master nasce da una precisa esigenza didattica dello studioso e docente dell’Alma Mater Studiorum, Enrico Pitozzi: “Facendo lezione e confrontandomi con gli studenti e con i principali teatri nazionali – spiega il docente, che sarà il direttore del Master – mi sono accorto della mancanza di materiali tecnologicamente avanzati riguardanti la documentazione dello spettacolo dal vivo; o meglio, qualcosa c’è, ma l’esistente non è in grado di restituire l’esperienza del palcoscenico né, tantomeno, il processo di creazione. Oggi, però, possiamo contare su tecnologie che permetterebbero la produzione di materiali audiovisivi innovativi, anche a carattere immersivo. Da qui l’idea di organizzare un Master finalizzato alla formazione di figure che contribuiscano alla produzione di documenti audiovisivi e alla curatela digitale del patrimonio audiovisivo dello spettacolo dal vivo, incluse le riprese per eventi streaming”.
l Master è quindi connotato da una natura fortemente pratica, come dimostrano le 176 ore di laboratorio che si terranno presso il Teatro Rasi in stretta connessione con artisti e artiste di rilievo del panorama europeo. “In particolare – prosegue Pitozzi – l’obiettivo è quello di formare figure qualificate capaci di operare in due diverse direzioni: da un lato nell’elaborazione di nuovi protocolli di documentazione e ripresa dello spettacolo (per lo streaming, la fruizione in piattaforme on demand o affini), dall’altro nella cura e nella valorizzazione digitale dell’importante patrimonio conservato da Teatri, Enti Lirici, Fondazioni che, a vario titolo, si occupano di spettacolo dal vivo, in Italia e in Europa”.
Da qui il coinvolgimento di Ravenna Teatro, che metterà a disposizione il Teatro Rasi per effettuare l’intera sezione laboratoriale del Master. “Le e i partecipanti, per un massimo di 25 persone, lavoreranno in palcoscenico in stretto contatto con gli artisti. In questo quadro è stata importante anche la collaborazione con la Fondazione Ravenna Manifestazioni, nelle persone di Franco Masotti e Antonio De Rosa, che ha permesso di operare con il consorzio Digitalia, importante realtà che offre servizio di streaming, modalità che ha favorito la ripartenza nel post pandemia. Altri pilastri che hanno permesso la costruzione di questo master sono stati ERT – Emilia-Romagna Teatro Fondazione, che ha finanziato cinque borse di studio da destinare agli studenti più meritevoli, Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto; Tempo Reale; Il Piccolo Teatro di Milano; Fondazione Romaeuropa; il centro nazionale di produzione della danza Virgilio Sieni; BH; Scenario Pubblico/ Compagnia Zappalà Danza, L’arboreto; Teatro Comunale di Bologna; Kublai Film e altri che si stanno aggiungendo in questi giorni. Il Master prevede infatti 500 ore di stage presso questi enti, da un lato per immaginare forme di valorizzazione del patrimonio archiviato, dall’altro per mettere a frutto le competenze acquisite nella documentazione innovativa dello spettacolo dal vivo”.
Per raggiungere gli obiettivi prefissati, sul piano didattico, non mancano figure di rilievo quali il produttore cinematografico Marco Müller – “che tratterà di strategie per affrontare il mercato” – o l’artista Leone d’argento 2020 della Biennale di Venezia Claudia Castellucci, che parlerà della sua concezione degli “archivi d’Arte”. Dal tema dell’estetica della scena multimediale – con la presenza della prof.ssa Maria Grazia Berlangieri (Università La Sapienza) e del prof. Francesco Spampinato (Unibo) – alle forme della drammaturgia audiovisiva (proff. Guccini e Iannucci), passando per la curatela e valorizzazione digitale del patrimonio audiovisivo dello spettacolo dal vivo (prof. Stefano Allegrezza – Unibo), sono diversi gli ambiti di intervento che toccano anche l’aspetto della creatività nei processi di innovazione tecnologica (prof. Giovanni Corazza – Unibo), senza tralasciare una fondamentale sezione dedicata agli aspetti legislativi con la dott.ssa Patrizia Cuoco e il prof. Matteo Paoletti (Unibo), che è stato addetto culturale presso il Ministero degli Affari Esteri per i progetti Unesco di valorizzazione del patrimonio immateriale.
Sul versante workshop, il co-fondatore del Teatro delle Albe, Marco Martinelli, metterà a frutto la sua esperienza teatrale e cinematografica fornendo ai partecipanti le competenze nel tradurre il materiale scenico in materiale audiovisivo, aspetto trattato anche dalla videomaker Elisabeth Coronel. Una seconda sessione di workshop riguarderà invece le strategie di documentazione dei processi creativi adottati in palcoscenico e la loro resa documentale, con l’intervento di Alessandro Renda, Catherine Maximoff e Giulio Boato, “mentre il workshop dedicato ai videoducumenti | videoambienti non potrà che essere affidato alla sapienza di Studio Azzurro, storica formazione milanese pioniera della videoarte. In questo quadro non poteva mancare un’esperienza laboratoriale sulle pratiche di registrazione | spazializzazione del suono degli spettacoli, affidato all’esperienza di Massimo Carli, fondatore dell’azienda BH, leader in Italia e in Europa nella fornitura di servizi audio tecnologicamente avanzati per lo spettacolo dal vivo, e del consorzio Digitalia, che metteranno a disposizione del Master le competenze acquisite nel fornire servizi di ripresa streaming”.
“Essendo la prima edizione – spiega Pitozzi – ho voluto fortemente che l’avvio delle attività del Master fosse preceduto da una giornata di seminario-confronto con i direttori e le direttrici degli enti partner, aperto alla città di Ravenna, così da mettere a fuoco i temi e le sfide che il Master intende affrontare. In modo speculare – a compimento del percorso – ho immaginato un seminario di chiusura, così da tracciare un bilancio delle attività svolte. La scelta di Ravenna per ospitare l’intero processo – conclude il direttore – è in continuità con il lavoro che, insieme ad Ermanna Montanari, stiamo portando avanti a Malagola, e si inserisce nell’insieme di relazioni che stiamo intrattenendo con le tante realtà presenti sul territorio. Proprio per alimentare il dialogo con la città è stato coinvolto anche il Mar, nei cui spazi – nell’arco del 2023 – si potrà assistere alla programmazione delle produzioni audiovisive degli artisti ospitati”.
Le iscrizioni scadranno il 30 ottobre. La partenza delle attività del Master è prevista per il gennaio 2023, con frequenza il venerdì e il sabato.
Sarà una giornata densa, emozionante, ricca quella che l’11 settembre verrà dedicata a Dante e che aprirà come da consuetudine un programma di eventi, Ravenna per Dante, che tiene insieme istituzioni, studiosi, luoghi, artisti e pubblici, nella città che fu “l’ultimo rifugio”.
La tradizionale celebrazione della morte del Poeta nel luogo della sua sepoltura della seconda domenica di settembre, in questi ultimi anni e soprattutto in occasione del centenario del 2021, ha assunto il valore di un abbraccio civile e morale delle città e dei territori italiani, un appello a sollevare lo sguardo verso gli ideali alti, postura preziosa in questi tempi difficili del nostro vivere insieme.
Si inizierà dunque la mattina con l’omaggio dei cittadini e delle cittadine insieme ai sindaci d’Italia e in particolare delle tre città dantesche Ravenna, Firenze e Verona, che convengono, con i gonfaloni, a Ravenna a partire dalle ore 10.00 dinnanzi alla Tomba di Dante. Prende avvio così una tessitura tra i segni della tradizione, il linguaggio partecipativo del teatro, la prassi rituale e la lettura del testo.
Il programma della giornata è frutto di un dialogo profondo e continuo che le istituzioni hanno con le energie creative e culturali del territorio, con coloro che a diverso titolo custodiscono la memoria del poeta e con gli studiosi e gli scrittori che sanno abitare la complessità del testo dantesco. Per questo a momenti incastonati in una tradizione centenaria si alternano i nuovi linguaggi del teatro, della poesia e della partecipazione civile.
Nel dettaglio la giornata dell’11 settembre si apre alla Tomba di Dantecon un’incursione nell’itinerario della Divina Commedia curato da Ermanna Montanari e Marco Martinelli, fondatori e direttori artistici del Teatro delle Albe, dal 2017 alla guida del Cantiere Dante – progetto da loro firmato su commissione di Ravenna Festival con il sostegno del Comune di Ravenna e della Regione Emilia Romagna. Dopo aver ricevuto premi e riconoscimenti nazionali e internazionali, registrando una forte partecipazione di spettatori e di cittadini attraverso una Chiamata Pubblica, la scorsa estate il progetto ha chiuso con successo il suo itinerario con lo spettacolo Paradiso all’interno della programmazione di Ravenna Festival. Alle 10.00 Montanari e Martinelli leggeranno il Canto I del Paradiso, con la partecipazione dei cittadini della Chiamata Pubblica, e per l’occasione hanno coinvolto Valter Malosti – attore regista e direttore di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale – che sarà impegnato con il Canto V dell’Inferno, insieme al musicista Raffaele Marsicano per gli interventi musicali al trombone.
La tradizionale Messa di Dante verrà celebrata nella Basilica di San Francesco, alle ore 11.00 da mons. Lorenzo Ghizzoni, con la presenza del coro Cappella musicale San Francesco diretta dal maestro Giuliano Amadei.
Viene anticipata alle ore 17.00 la lettura perpetua davanti alla Tomba che viene affidata al sindaco di Ravenna che nel 2020 diede avvio a questo rito che si è consolidato e grazie a tutti coloro che ogni giorno leggono un canto, ed è divenuto segno di eccellenza per Ravenna che unica tra le città del mondo, onora Dante con il modo più alto che è leggere costantemente quella grande “opera-mondo” che è la Commedia.
La prolusione all’annuale è un’occasione straordinaria per accostarsi al complesso ed inesauribile lascito dantesco con la guida di coloro che hanno fatto profonda esperienza di studio e ricerca, è affidata a Mariangela Gualtieri, una delle voci poetiche piú apprezzate della scena contemporanea, che nel 1983 ha fondato insieme a Cesare Ronconi il Teatro Valdoca. La sua lettura dal titolo “La Divina Commedia: un manuale per la felicità” è alle ore 18.00 presso il Teatro Rasi e chiuderà una giornata dove alla poesia e al teatro è affidato il compito di tenere sempre al futuro questi nostri testi che vengono da un lontano passato, ma che sono necessari al nostro vivere.
Un percorso lungo sei anni, mai sperimentato prima, che ha reso protagonisti migliaia di cittadine e cittadini accomunati dalla curiosità e dalla voglia di mettersi in gioco. Chiamata Pubblica è stata tutto questo: persone di età diversa, con attività differenti che, per dirla con le parole di un cittadino, “si sono svestiti dei propri panni per indossare quelli di un corpo unico”. “Non importa cosa tu faccia nella vita – incalza un’altra cittadina: lì eri chiamato a realizzare un progetto e non contava chi tu fossi”.
Un filo rosso si snoda tra le tante testimonianze di chi, dal 2017 ad oggi, ha “attraversato” Inferno, Purgatorio e Paradiso, ed è riassunto in alcune potenti frasi che ricorrono: “grande umiltà di Marco Martinelli e Ermanna Montanari”, “forte capacità di ascolto”, “profondo rispetto per noi semplici cittadini”, “attenzione all’altro”, “gratitudine”. E in quell’esserci ricordato da una giovane cittadina, Caterina De Lorenzo, che all’inizio di quest’avventura era in seconda elementare: “Ermanna e Marco stavano molto insieme a noi, ‘facevano’, erano partecipi dell’azione teatrale e questo è stato molto stimolante”. Il senso di appartenenza che un progetto di questo tipo sviluppa in chi vi partecipa è tracciato da Anna Finelli, cittadina che dal Flegetonte è salita all’Empireo complice uno spettacolo frequentato dalla figlia: “Ho visto un signore tutte le sere, per quindici giorni di fila alla Tomba di Dante, durante il canto iniziale – racconta -: ancora non conosco il nome di quell’uomo, ma l’ultima sera ci siamo salutati con un abbraccio”.
Ivana Franchini si è avvicinata alla Chiamata nel 2017 spinta da curiosità. “Abbiamo sempre stimato Marco Martinelli e Ermanna Montanari – spiega -, ma frequentandoli tutti i giorni abbiamo potuto misurare la loro grandissima umanità: ci hanno fatto entrare nel progetto e hanno fatto in modo che lo sentissimo nostro. C’è però un aspetto che mi ha sempre colpito, fin dalla costruzione di Inferno: ogni volta che li incontravamo, ci salutavano con il nostro nome. Può sembrare normale, ma ricordo che eravamo in ottocento”. Ripensando a tutto il percorso, Franchini spiega: “Non è tanto quello che noi abbiamo dato a loro, bensì il contrario. E non parlo solo di Marco e Ermanna, ma anche di tutti gli attori, le attrici e le guide. Anche per questo, credo, abbiamo proseguito fino ad oggi. Certo, Inferno è stato incredibile. Ricordo che nel cortile improvvisammo l’Osteria del Rabbuffo: io ero nel gruppo degli Avari – Scialacquatori e abbiamo perfino creato una chat whatsapp che prendeva spunto dalle parole pronunciate da Ermanna, ‘Fatica vana’, in cui ci sentiamo ancora. Non è da tutti vivere un’esperienza del genere: io ho 67 anni, da 40 sono abbonata a teatro e da sette sono clown di corsia, ma devo dire che quanto vissuto è stato potente”. Ora, come per tanti “colleghi” e “colleghe”, lo sguardo di Franchini è rivolto a gennaio, quando toccherà al Cantiere Malagola. “Ci siamo già dati appuntamento, siamo sicuri che sarà un nuovo percorso costruito con il cuore e con l’amore per l’esserci”.
Anche nel caso di Sabrina Sergi quello che l’ha indotta a partecipare alla Chiamata è stata semplice curiosità. “Si è trattata di un’esperienza meravigliosa, un lungo percorso di crescita dal 2017 a oggi. Non avevo mai partecipato a niente di simile: Marco e Ermanna sono state vere e proprie guide, ma ci hanno lasciato anche molta libertà espressiva e, insieme, abbiamo costruito un percorso per capire il modo più adatto per esprimere quello che avevamo dentro. Personalmente sono stata molto toccata dai racconti delle Pie in Purgatorio, perché alcuni partivano dal vissuto personale delle partecipanti, di conseguenza è stato molto intenso. Il merito di questo cammino è anche stato quello di averci riportato a studiare Dante per conto nostro. E il fatto che venisse riconosciuta tanta importanza a noi profani credo sia stato un elemento fondamentale, che ci ha accresciuto nella responsabilità. Ora aspettiamo con ansia nuovi progetti”.
Barbara Brusoni si è invece avvicinata alla Chiamata“perchè il teatro è sempre stata la mia passione. Era emozionante poter far parte del progetto, anche se ero consapevole di essere una goccia nel mare, ma era interessante vedere da vicino come nasce un’opera teatrale. Marco Martinelli è dotato di una grande forza che ti fa sentire importante anche se in scena ci stai per pochi minuti. Ti dedica tempo. Ti fa sentire parte di questo meccanismo”. Nella vita Brusoni lavora con i computer e nell’Inferno vestiva i panni di un’usuraia in mezzo a video spenti e a cassetti vuoti, condannata a ripetere, invano, la stessa parola. “Da allora ho continuato a partecipare e a sentirmi parte di quadro che si muove. L’impegno è stato costante per mesi: nulla è rimasto al caso, dai vestiti, scelti con cura dalle costumiste, allo smalto, a cui ho dovuto rinunciare. Dietro a due ore in scena ci sono tre mesi di lavoro intenso, oltre a quello che è servito per l’ideazione. E le domande, quelle che avete sentito in Paradiso, sono partite davvero da noi: Alessandro Renda e Marco Martinelli non hanno fatto altro che aggiustarle in poetica e sintassi. Ognuno si è guardato dentro e ha attinto alla propria esperienza personale”.
Anna Finelli si definisce “Troppo vecchia per la non-scuola, ma conoscevo Le Albe tramite mia figlia, che aveva preso parte allo spettacolo Pinocchio”. Quando uscì la Chiamata, Finelli aderì immediatamente. “L’idea di una città intera che si mette in marcia per un progetto corale mi sembrò geniale. Il primo aspetto, quello che mi spinse, fu il voler dare il mio contributo: volevo ‘mettermi a servizio’ e solo dopo ho riflettuto sul fatto che avrei calcato un palcoscenico. Per fortuna ci si arriva per gradi, non è che uno che non ha mai fatto niente si trovi d’un tratto a recitare l’Otello. In Inferno la preparazione è stata lenta, ricordo che Marco introdusse dettagliatamente i cori e questo tempo permise di imparare a fidarsi e dire: ‘mi metto nelle loro mani, andrà bene’. Ecco, penso sia stato questo il filo conduttore che ha legato tutti noi. Credo che Inferno sia stato il più entusiasmante perché è stato il primo. Purgatorio è stato un bellissimo spettacolo in sé, ma per noi che lo abbiamo vissuto è stato meno coinvolgente proprio per com’era strutturato, in quanto c’era una minore partecipazione di massa. Paradiso è andato in scena quasi subito, ma è riuscito a creare legami potenti ed è stata la chiusura di un bellissimo cerchio. In generale, devo dire che l’esperienza nata nel 2017 mi ha insegnato come, con un minimo sforzo da parte di tutti, si sia potuto fare moltissimo indipendentemente da chi siamo. Un altro aspetto importante è stato quello di avermi portato ad amare Dante, di cui avevo un ricordo scolastico non proprio affettuoso. Ora, invece, partecipo alle letture perpetue e con un’amica ci siamo prefissate di leggere tutti i canti. Infine, proprio grazie al cammino intrapreso dalle Albe, ho spinto colleghe mosaiciste a realizzare opere dedicate alla trilogia dantesca: per Inferno e Purgatorio, Cna nazionale ha realizzato un documentario che è stato in mostra a Firenze per ben due volte e che oggi è a Roma, mentre in ottobre presenteremo l’opera completa qui a Ravenna. Oggi, insieme a queste colleghe, lavoriamo anche su altri progetti e anche questo è stato un merito che va attribuito alla Chiamata Pubblica. Non vedo l’ora che sia gennaio per frequentare il Cantiere Malagola”.
Quando l’esperienza è partita,nel 2017, Marco Turchetti era consigliere del Comune di Ravenna. “Mi avvicinai al progetto in virtù della carica che ricoprivo: sei anni fa facevo parte del consiglio comunale e quando arrivò il progetto sono stato uno di quelli che più entusiasticamente lo ha portato avanti. Ho sempre creduto nel lavoro di Martinelli e mi ci sono ‘buttato’ subito con entusiasmo. Faccio l’architetto e ho partecipato a progetti di urbanistica aperti ai cittadini, ma la frequentazione era data soprattutto da professionisti e addetti ai lavori. Qui, invece, sono stati tutti protagonisti, dai ragazzini agli anziani, e nessuno ci ha mai chiesto di chi fossimo figli o cosa facessimo nella vita. Sono state tre esperienze diverse, vissute in modo differente: la prima è stata travolgente, anche per il clima che si era creato. Forse la si ricorda come più di impatto dal punto di vista emotivo, ma anche Purgatorio non è stata da meno, e lo dico anche alla luce dell’esperienza fatta a Matera. Paradiso, infine, ha sublimato tutto, avvicinando molti a una cantica che si conosce meno”.
Roberta Fraiese è grafica pubblicitaria e si è avvicinata alla trilogia perché il figlio frequentava la non-scuola a Castiglione. “Per prima cosa posso dire che è stato bello vedere la professionalità di chi ci ha guidato, il rapporto che si è cercato di instaurare è stato funzionale a quello che si è andati a realizzare. C’è stata una bella relazione con gli altri, di tipo paritario: quando si iniziava a recitare non si era più un singolo, ma uno dei tanti che facevano quello che facevi tu. Vivevamo il fascino del teatro senza però averne la responsabilità. Era come stare dentro a un contenitore dove succedono cose magiche; non è un corso, non impari a recitare, bensì a metterti a servizio. Impari quale spazio occupare anche grazie all’energia di Marco e Ermanna, che riesce ad imbrigliare tutte le altre”.
Sara Plazzi ha conosciuto Ermanna e Marco da bambina, quando diede voce a una stellina in Nosferatu. “Ho avuto la fortuna di incontrarli tramite mio padre, tanti anni fa, e il fatto di vivere l’arte fin da piccola, di ‘respirarla’ in casa, mi ha lasciato un interesse che nel tempo ho approfondito e quando c’è stata l’opportunità della Chiamata, l’ho colta al volo. Sono entrata quindi in questo vortice nel 2017 e non mi è stato più possibile uscirne. C’è stata una cura, da parte di Marco, di Ermanna, delle guide, degli attori e delle attrici che non ci si aspetta. C’era un continuo sentirsi parte e questo è stato molto bello anche per noi profani: la loro gratitudine era palpabile, anche se eravamo noi a dover essere grati”.
“Siamo tutti volontari e se non ci divertissimo non saremmo certo qui” spiega Gianni Mazzotti, anche lui in prima linea dal 2017. “Siamo talmente entusiasti che stiamo già pensando a Cantiere Malagola, anche se personalmente ho 83 anni e quest’anno mi sono dovuto occupare esclusivamente dell’organizzazione”. Ma contribuire al buon funzionamento dello spettacolo da dietro le quinte, per Mazzotti, non è stata certo una novità. “Vengo da 25 anni di ‘militanza’ nel teatro Socjale di Piangipane, mi sono sempre adeguato a quello che c’era da fare. Durante Infernoho guidato un pulmino che accompagnava i ragazzi che interpretavano i soldati: erano in ramadan e quando finivano di recitare avevano una fame assurda, per questo cercavo sempre di fare il più in fretta possibile. Di sicuro Inferno è stata l’esperienza più comunitaria di tutte, dove abbiamo imparato il teatro di Marco, Ermanna, Gigio, Marcella e di tutti gli altri. Purgatorio è stato entusiasmante, Paradiso è stato forse meno aggregante, per noi, perché si era sempre in scena, ma di sicuro è stato uno spettacolo potente”.
Il debutto di Caterina De Lorenzo nella prima anta dell’opera dantesca pensata da Ermanna e Marco è avvenuto quando lei era in quarta elementare. “Ero timida – spiega – e la mamma ha pensato potesse essere una bella idea quella di farmi partecipare. In effetti mi sono ambientata subito e ho stretto molte amicizie. Per me, fin dall’inizio, è stato come entrare in una sorta di famiglia, era come se ci fosse una connessione magica che teneva insieme le persone. Successivamente ho partecipato anche a Purgatorio e a Paradiso: dalla seconda elementare frequento il coro Ludus Vocalis e quindi, oltre a recitare, ho potuto anche cantare. Spesso il coro e il teatro si mescolano ed è sempre bello partecipare con più vesti. Pur non essendo la prima volta che andavo in scena, ho scoperto una tipologia di teatro tutta nuova: Ermanna e Marco stavano molto insieme a noi, ‘facevano’, erano partecipi dell’azione teatrale fin dall’inizio, e questo è stato molto stimolante”.
“Ho cominciato – spiega Roberto Catalano – perché ero curioso di vivere un progetto di questa portata dall’interno, anche se all’inizio non era chiaro ciò che sarebbe successo. Sono spettatore di teatro da anni, ma non ho mai studiato Dante: non nascondo di avere avuto qualche difficoltà, però poi ho apprezzato il modo in cui la regia è riuscita a far convivere attori professionisti con gli ‘animali’ che eravamo: poco a poco abbiamo imparato a stare in gruppo. È stato bello essere parte di questo spettacolo e vedere come una bambina di 5 anni e un signore di 80 si impegnassero allo stesso modo con una serietà di fondo che forse non avrebbero mai pensato di avere. Quando termina una ‘costruzione’ di questo tipo, più che la tristezza per ciò che non c’è più, rimane la bellezza di un ricordo che ha legato e che continua a legare migliaia di persone”.
Da scettica – “non pensavo si riuscisse a gestire un progetto con così tante persone” – Rosi Galanti è diventata una di quelle dello zoccolo duro, “come ci chiama Marco”, tanto che ha partecipato alla messa in scena degli spettacoli sia a Calitri che a Matera. “Mi pareva una follia, invece è stato messo insieme un progetto travolgente. In Inferno siamo stati ‘buttati’ dentro noi per primi: lì si sono creati momenti anche conviviali favoriti dagli spazi, ed era quello che ci voleva per partire. Una volta finito lo spettacolo, alcuni di noi sono anche stati a Calitri, allo Sponz Fest, e da allora ci andiamo tutti gli anni. E proprio pensando all’ideatore dello Sponz, Vinicio Capossela, ricordo che venne a vedere lo spettacolo al Rasi. Sapevamo di dover rimanere nel nostro ruolo fino a che l’ultimo degli spettatori non avesse girato l’angolo, ma lui non se ne andava più. Eravamo già nel secondo turno ed eravamo stanche, ma abbiamo mantenuto le posizioni nonostante tutto. Fu faticoso, ma molto divertente. Se penso a Purgatorio e a Paradiso posso invece dire che sono stati una crescita, in quanto a noi è stato chiesto uno sforzo in più.A parte avere avvicinato più persone a un’opera di cui si spesso si conoscono solo alcuni canti, questo progetto ha avuto il merito di far sentire tutti i partecipanti un corpo unico. E una volta iniziato è difficile tornare indietro”.
Proprio come lo è stato per Dante, Ermanna e Marco.
Ravenna Teatro si afferma come primo Centro di produzione in Italia secondo il Ministero della Cultura per la propria qualità artistica. Nei giorni scorsi il Ministero ha infatti reso noto i punteggi di valutazione per l’ammissione a contributo per il triennio 2022-2023-2024 e per l’anno 2022 dei Teatri Nazionali, Teatri di Rilevante Interesse Culturale e Centri di produzione teatrale, riconoscendo a Ravenna Teatro un punteggio pari a 31,40, il più alto a livello nazionale ottenuto da un Centro di produzione. Un riconoscimento conseguito grazie al lavoro della direzione artistica di Ermanna Montanari e Marco Martinelli che la vede prima sui 35 Centri presenti in Italia e seconda in assoluto dopo lo Stabile di Torino.
“Ci congratuliamo per questo importante risultato – dichiarano il sindaco di Ravenna Michele de Pascale e l’assessore alla Cultura Fabio Sbaraglia – che rende merito al prezioso lavoro svolto da Ravenna Teatro in questi anni, volto ad offrire alla città una proposta culturale ricchissima e di altissima qualità, nel segno di una costante e appassionata ricerca artistica. Allo stesso tempo si tratta di un riconoscimento che riafferma con vigore l’intrinseco legame di Ravenna con il mondo dell’arte, un rapporto fecondo ed incessante che nel dialogo con le molteplici realtà culturali presenti nel territorio trova la sua ragione d’essere”.
“Questo risultato – spiegano i condirettori di Ravenna Teatro Alessandro Argnani e Marcella Nonni – ci riempie di orgoglio e di felicità. È il riconoscimento di una semina che da quarant’anni viene fatta in città, dalle tante stagioni teatrali alle proposte artistiche e di ricerca del Teatro delle Albe, dalla Scuola di Vocalità a Malagola alla non-scuola e alle attività dedicate all’infanzia di Drammatico Vegetale. Un’attività incessante che tocca diversi luoghi i cui punti focali sono il Teatro Rasi, appena rinnovato, l’Alighieri, il Teatro Socjale di Piangipane e Palazzo Malagola, sede dell’omonima Scuola di vocalità e centro studi internazionale sulla voce fondato e diretto da Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi. Un riconoscimento testimone di un dialogo forte tra Ravenna Teatro, l’Amministrazione, i tanti spettatori e spettatrici, gli artisti e le compagnie ravennati che contribuiscono a far vivere la nostra realtà. Essere accreditati quale primo centro di produzione in Italia per qualità artistica significa che una città di provincia non ha nulla da invidiare ai grandi centri del Paese”.
Il riconoscimento del Ministero ha valorizzato anche il lungo percorso di Accademia Perduta/Romagna Teatri, che ha conseguito un punteggio pari a 29,50 diventando il primo Centro di Produzione italiano nell’ambito del Teatro Ragazzi. Un lavoro che da anni contribuisce a migliorare la qualità artistica di diverse realtà romagnole.
“Siamo orgogliosi del riconoscimento ministeriale assegnato ad Accademia Perduta/Romagna Teatri su cui Forlì investe, sicura di ottenere un arricchimento culturale per la città ma anche per il patrimonio teatrale italiano – affermano Gianluca Zattini, sindaco di Forlì e Valerio Melandri, assessore alla Promozione del settore culturale -. I forlivesi conoscono bene il lavoro che Accademia Perduta svolge per i teatri Diego Fabbri e Il Piccolo e crediamo che quello della produzione esprima specificamente il valore artistico e culturale di un Centro che con i suoi spettacoli esporta il nome di Forlì nei principali palcoscenici italiani”.
Massimo Isola, sindaco di Faenza prosegue: “la notizia dell’alta valutazione per i progetti artistici di Accademia Perduta/Romagna Teatri è l’ennesima conferma per questa realtà e che ci dà grande soddisfazione. Accademia Perduta è una parte importante della nostra città e della nostra energia culturale. Siamo contenti di aver dato sostegno e aver collaborato in questi anni a questa importante realtà e così sarà anche per il futuro”.
“I risultati ministeriali sono una bellissima soddisfazione – concludono Claudio Casadio e Ruggero Sintoni, condirettori di Accademia Perduta/Romagna Teatri – oltre che un’importante conferma per il lavoro che abbiamo svolto in tanti anni in Romagna, una terra che è madre di tante importanti realtà teatrali”.
La contemplazione si esprime cogliendo il ritmo latente delle cose, la loro voce sottile, il loro battito.
È così che questa serie di seminari declina il tema dell’ascolto: un canto sospeso a cui si porge orecchio per intendere ciò che tiene insieme, come in un sol respiro, le civiltà che si affacciano sul Mediterraneo.
Si andranno così ad esplorare i temi del suono e della voce alla base delle diverse cosmogonie (in particolare greca, ebraica, vedica, persiano-islamica) ripercorrendo le tracce di un dialogo ininterrotto tra oriente e occidente. Ad ogni latitudine, infatti, il pensiero umano ha seguito percorsi simili nel delineare le diverse forme della filosofia, della spiritualità e dell’arte, al fondo delle quali si riscontra un’analoga meditazione sul suono che tutto genera, e dal quale scaturisce una parola primigenia, che solo la poesia può arrischiare.
È in questo senso che il suono, del cosmo come di ogni ente, diviene una vera e propria «vocazione» – dunque un’emissione di voce – che deve essere accolta e custodita. Il suono è la matrice, mentre la voce è il modo in cui esso si dà come memoria del suo primo manifestarsi: grido, lamento, invocazione.
8 aprile | dalle 16:00 alle 17:00
COSMOGONIE: UN’INTRODUZIONE
Enrico Pitozzi (Università di Bologna)
L’introduzione, intesa come pensiero che connette, dispone i temi dei diversi seminari in un disegno coerente, mostrando così l’ampiezza e la portata di una riflessione sul suono e sulla voce che ha le sue radici filosofiche, religiose e artistiche nel dialogo ininterrotto tra oriente e occidente.
Enrico Pitozzi è docente presso l’Università di Bologna. Ha insegnato nelle università di Venezia (IUAV), Padova, Parigi, Montréal, Valencia e Francoforte. È membro del «MeLa research lab» dell’Università Iuav di Venezia, del «Sensory Studies» della Concordia University (Canada) e del progetto «Mixed Reality»dell’Université Côte d’Azur de Nice (Francia). È autore di numerose pubblicazioni internazionali; con Ermanna Montanari ha scritto Cellula. Anatomia dello spazio scenico | Anatomy of the scenic space, Macerata, Quodlibet, 2021.
8 aprile | dalle 17:00 alle 19:00
9 aprile | dalle 10:00 alle 13:00
LA TRADIZIONE VOCALE-SONORA PERSIANA E IRANIANA NEL TEATRO
Leili Galehdaran (Università di Shiraz, Iran)
Il seminario introduce i fondamenti filosofici delle pratiche vocali e sonore delle varie epoche, persiana come iraniana, e discute le forme musicali dei generi performativi come il «Naghali» e il «Ta’zieh», oltre ai rituali funebri come il «Noha» e il «Suvashun». Verrà inoltre approfondita la nozione di poesia in atto, con le sue radici vocali ben ancorate nei generi performativi e rituali.
Leili Galehdaran ha studiato teatro presso l’Università dell’Arte di Teheran dal 1996 al 2003 e ha conseguito la laurea magistrale al Dams di Roma Tre, oltre al dottorato in Discipline dello Spettacolo presso L’Università La Sapienza di Roma nel 2013. Dal 2014 è Assistant Professor in Dramatic Literature a Shiraz University of Arts dove ha diretto l’International Relations dal 2015 al 2017; è stata supervisore e direttore del Dipartimento di Letteratura drammatica della Shiraz University of Arts dal 2015 al 2019. All’attività di ricerca affianca la produzione di poesia. Come poeta e teorica del teatro ha elaborato la nozione di Poesia in atto, fondata sull’oralità, il corpo, la voce e la presenza.
Lingue: italiano, inglese, persiano Durata: 6h
22 aprile | dalle 15:00 alle 19:00 23 aprile | dalle 09:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00
ECOSOFIA SONORA | PRATICHE D’ASCOLTO | SPAZIO SONORO
Roberto Barbanti (Università di Parigi 8, Francia) e Carmen Pardo Salgado (Università di Girona, Spagna)
Partendo dall’ecosofia di Félix Guattari, il seminario si propone di esplorare la specificità dell’ascolto come esperienza singolare del sentire e del sentire in comune. Si tratta di interrogare la voce, il suono e il milieu per tessere, disegnare e comporre le nostre relazioni con e nell’ambiente, l’ascolto di noi stessi e delle nostre vite insieme. Teoria e pratica s’intrecciano in una ricerca che va oltre le dualità corpo/pensiero, soggetto/oggetto.
Carmen Pardo Salgado è professore ordinario all’Università di Girona (Spagna). Ricercatrice post-dottorato presso l’unità IRCAM-CNRS di Parigi (1996-1998; 2018). Ha pubblicato: Música y Pensamiento, apuntes de un encuentro (2019); Dans le silence de la culture (Eterotopia, 2018); Las TIC: una reflexión filosófica (2009); L’écoute oblique: une invitation à John Cage (L’Harmattan, 2007); Robert Wilson (avec Miguel Morey, 2003); John Cage, Escritos al oído (1999).
Roberto Barbanti è professore emerito presso il dipartimento Arti visive Université Paris 8 (Francia). I suoi ultimi libri pubblicati in italiano: Il medium oltre sé stesso. Ultramedialità e divenire dell’arte (Kajak, 2017); Le chimere dell’arte. Guerra estetica, ultramedialità e arte genetica (Ombre corte, 2017); Dall’immaginario all’acustinario. Prolegomeni a un’ecosofia sonora (Galaad Edizioni, 2020).
Lingue: italiano, inglese, spagnolo, francese Durata: 12h
29 aprile | dalle 16:00 alle 19:00
30 aprile | dalle 10:00 alle 13:00
IL SUONO SACRO. MISTICA ED ESTETICA MUSICALE NEL PENSIERO INDIANO
Nicola Biondi (Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Francia)
Il corso si articola in due giornate durante le quali si affronterà un breve percorso esplorativo, una sorta di ventaglio prospettico sulla valenza del suono e le implicazioni della voce nelle speculazioni religioso-filosofiche ed estetiche del subcontinente indiano. La prima giornata sarà dedicata ad una panoramica sulla «teologia sonica», dai Veda alle tradizioni teistiche. La seconda giornata approfondirà il ruolo della Voce nel pensiero indiano, delineando i principi strutturali dell’estetica della musica classica indiana e consacrando parte della lezione all’ascolto guidato di alcune tracce sonore.
Nicola Biondi, libera ricercatrice, si occupa di trattatistica musicologica in lingua sanscrita. Laureata in Lingue e Civiltà Orientali (Hindi-Sanscrito, Religioni e Filosofie dell’India) all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha poi frequentato il Dottorato all’EHESS di Parigi con un progetto di ricerca dedicato alla Musica classica del Nord India. Dal 2012, grazie alla Borsa di Studio Vittore Branca e alla Fondazione FIND (Fondazione India-Europa di Nuovi Dialoghi), si è dedicata alla ricerca sull’Archivio dell’etnomusicologo e orientalista francese Alain Daniélou (Fondazione Giorgio Cini di Venezia), pubblicando A Descriptive Catalogue of Sanskrit Manuscripts e Il corpo come strumento musicale. Parallelamente agli studi universitari ha frequentato il Conservatorio Arrigo Pedrollo di Vicenza (tradizioni musicali extra-europee; canto Dhrupad, tabla). In India si è dedicata allo studio della musica classica indostana e carnatica e alla pratica dell’Hatha-yoga coniugando l’approccio tradizionale guru-śiṣya con quello istituzionale (Malaviya Bhavan, Banaras Hindu University; Visva Bharati University; Kalakshetra, Chennai).
Lingua: italiano Durata: 6h
6 maggio | dalle 16:00 alle 19:00
7 maggio | dalle 10:00 alle 13:00
LA VOCE COME PRESENZA CREATRICE NELLA BIBBIA E NELLA CULTURA CRISTIANA
Sorella Anastasia (Monastero Carmelitane di Ravenna)
Il seminario propone un percorso di approfondimento attento, a partire dai primi capitoli del libro della Genesi, in cui, grazie alla forza luminosa della lingua originale ebraica, si giungerà a scoprire la creazione come incontro col principio materno e come rivelazione dell’adàm, che siamo noi. Fino ad arrivare ad attingere dal Libro dei Salmi e dal Cantico dei Cantici l’acqua viva della preghiera, che nell’esperienza cristiana è incontro e dialogo, è bacio dell’Amante che è in noi, è nuova creazione.
Sorella Anastasia, innamorata di Dio e appassionata delle Sacre Scritture, vive l’esperienza della vita monastica dall’età di 20 anni. Attraverso la preghiera, lo studio biblico nelle lingue originali e l’ascolto dell’animo umano, rilegge la clausura come spazio di incontro e apertura. Con una particolare attenzione ecumenica, esprime la vocazione della sua città di Ravenna, quale ponte tra Oriente e Occidente. Scrive testi e pubblica conferenze video su temi biblici, che approfondisce con sensibilità mistica e femminile.
Lingua: italiano Durata: 6h
20 maggio | dalle 16:00 alle 19:00
21 maggio | dalle 10:00 alle 13:00
LAMENTAZIONE, LUTTO, MALINCONIA. LA VOCE E IL LINGUAGGIO NELLA CULTURA EBRAICA
Ilit Ferber (Università di Tel Aviv, Israele)
Il seminario si concentrerà sul lamento e la nenia nel pensiero ebraico. Introdurrà alcuni termini e problemi fondamentali relativi al lamento: sofferenza ed espressione, la domanda senza risposta, la relazione tra lamento e preghiera, voce ed espressione nel lamento, strutture poetiche, e così via. Si commenteranno alcuni lamenti e si discuteranno le loro strutture poetiche e filosofiche. Si ascolteranno anche alcuni lamenti, così come presentati in forma teatrale.
Ilit Ferber è professore associato di filosofia all’Università di Tel-Aviv. La sua ricerca si concentra sulla filosofia delle emozioni, specialmente la malinconia, la sofferenza e il dolore, dalla prospettiva del linguaggio. Ha pubblicato articoli su Benjamin, Heidegger, Leibniz, Scholem, Herder, Freud, Améry e altri. È stata cocuratrice di quattro libri sugli stati d’animo in filosofia, il lamento nel pensiero ebraico e la grammatica del grido (in inglese, spagnolo ed ebraico). Ha pubblicato due monografie: Philosophy and Melancholy: Benjamin’s Early Reflections on Theater and Language (Stanford University Press nel 2013) e Language Pangs: On Pain and the Origin of Language (Oxford University Press, 2019). Attualmente sta lavorando sul ruolo dell’acustica negli scritti autobiografici di Benjamin e sulla filosofia della temporalità di Jean Améry.
Lingua: inglese con traduzione simultanea Durata: 6h
10/11 giugno 2022 | dalle 14h alle 17h SEMINARIO POSTICIPATO IN AUTUNNO
LE FORME DEL PENSIERO TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Silvia Ronchey (Università di RomaTre)
Il seminario intende sviluppare la fitta rete di temi e motivi – dalle antiche simbologie al pensiero sull’immagine, passando per la voce dei mistici e il concetto di «visione» – che connettono oriente e occidente in una sola architettura del pensiero. È da questo orizzonte che riemergono le tracce di una concezione del sacro, e dunque del mondo, che oggi può essere riportata alla luce, nonostante la nostra coscienza storica e la nostra memoria collettiva tendano a rimuoverla. Il seminario – così come la conversazione con Enrico Pitozzi, prevista per la seconda giornata – sarà accompagnato da immagini e materiali audiovisivi.
Silvia Ronchey è professore ordinario di Civiltà bizantina all’Università di RomaTre. Oltre ai numerosi saggi specialistici ha scritto libri di ampia diffusione, tra i quali ricordiamo: L’aristocrazia bizantina (Sellerio, 1998, 19992), con Alexander Kazhdan; L’enigma di Piero (Rizzoli, 2006); Ipazia. La vera storia (Rizzoli, 2010); Storia di Barlaam e Ioasaf. La vita bizantina del Buddha (Einaudi, 2012); La cattedrale sommersa. Alla ricerca del sacro perduto (Rizzoli, 2017). Collabora regolarmente a “La Repubblica”. Ha realizzato interviste a testimoni del secolo quali Claude Lévi-Strauss, James Hillman, Ernst Jünger, Jean-Pierre Vernant, Elémire Zolla. L’incontro con James Hillman, in particolare, ha dato origine a una duratura collaborazione che si è espressa, oltre che nelle interviste televisive, nei due libri-dialogo L’anima del mondo (Rizzoli, 1999) e Il piacere di pensare (Rizzoli, 2001), protraendosi fino alla scomparsa di Hillman: il loro ultimo libro-dialogo L’ultima immagine (Rizzoli 2021) è uscito postumo nel decennale della morte.
VOCE E SUONO NEL PARADISO DI DANTE (SEMINARIO PRATICO | CANTIERE DANTE)
Ermanna Montanari e Marco Martinelli
La Commedia è intessuta di materia sonora. L’ascesa di quell’uomo smarrito è al tempo stesso una continua metamorfosi di suoni: dalle “orribili favelle” dell’Inferno alle salmodie purificatrici del Purgatorio, fino all’armonia delle sfere celesti del Paradiso. Dante si rappresenta, in quella che è la più “erotica” (Eros e Agape intarsiati) delle tre cantiche, annichilito fino al balbettio, sprofondato nell’abisso dell’Assoluto Amore. Il nostro lavorare con i cittadini terrà conto che la forza del teatro è proprio la carnenei suoi limiti terreni: a differenza di Dante, che non sa se sta “salendo” con il corpo o solo con l’anima (Par. I, 73-75), noi staremo con i piedi ben piantati a terra, ancorati alla nostra imperfezione: e al tempo stesso cercheremo di far sì che quell’imperfezione sveli il suo scandaglio sonoro, uno scendere nelle profondità della voce.
Marco Martinelli e Ermanna Montanari, capostipiti di un’intera comunità artistica – il Teatro delle Albe fondato nel 1983 – sono maestri di un linguaggio teatrale che innesta la parola nella voce e la drammaturgia nella compresenza tra visibile e invisibile. Portatori di una poetica che attinge dalla tradizione scardinandola, e che non scinde l’arte dall’esistenza, i due artisti concentrano il proprio lavoro nella ricerca d’attore e nella parola, addentrandosi ora in un crinale che attraversa i territori del dialetto romagnolo e della musica elettronica, ora nella commistione con la cultura africana, ora componendo affreschi e allegorie corali. Lavorano ideativamente a quattro mani in modo alchemico e inscindibile, tesi in un forte afflato politico ed estetico, l’una immersa particolarmente nella ricerca vocale e nella creazione scenografica, l’altro dedito alla scrittura e alla regia, con slancio pedagogico. Numerosi le pubblicazioni da loro firmate e a loro dedicate.
Lingua: Italiano
Per partecipare è necessario scegliere un coro (i cori sono suddivisi a seconda dei diversi orari, richiedere info a malagola@teatrodellealbe.com).
Tutti i seminari sono gratuiti, ma è richiesta l’iscrizione.
Gli incontri si terranno presso la sede di Palazzo Malagola, via di Roma 118 (entrata da vicolo Porziolino), Ravenna, nel rispetto delle norme vigenti in materia di prevenzione e contenimento del Covid-19.
La non-scuola, quell’“asinina” e antiaccademica esperienza di laboratorio teatrale che il Teatro delle Albe tiene viva da trent’anni con gli adolescenti, nel segno del cortocircuito di arte e vita che la compagnia accende ogni giorno, e che vede la partecipazione di centinaia di adolescenti, riparte dopo due anni di sospensione forzata. Dopo un prologo la scorsa estate tra Ravenna e il forese, questa pratica, che da sempre si confronta con l’energia gioiosa dei molti, è tornata nelle scuole e metterà come di consueto in atto la sua dionisiaca serie di debutti al Teatro Rasi, da mercoledì 16 marzo a venerdì 8 aprile (ATTENZIONE: il programma ha subito variazioni, controllare il calendario sul sito). Avviata da Marco Martinelli trent’anni fa, la non-scuola è tuttora fonte di rinnovamento continuo delle proprie fertili istanze, facendo di Ravenna Teatro una sede di alfabetizzazione scenica a più sfaccettature, ed esportando il “modello” in diverse parti del mondo.
La non-scuola è un laboratorio di teatro – ma nel senso più lato immaginabile – nel quale scompaiono i metodi accademici e dove l’idea stessa di uno scambio di emozioni tra pari è già in sé uno spettacolo. La creazione di “coro”, di cui sono intrise la poetica e l’attività del Teatro delle Albe, sprigiona diverse funzioni dell’identità di Ravenna Teatro. Riguarda infatti le modalità compositive della poetica scenica, dove la moltitudine si rivela coro, in relazione alle radici del teatro occidentale e agli snodi tra arte e comunità. Riguarda la creazione di pubblico e la crescita culturale. Riguarda l’accesso facilitato all’arte teatrale, sia in termini di formazione che di socialità.
Dopo quasi due anni durante i quali proprio le situazioni di “moltitudine” e “coro” sono state difficilmente praticabili, i laboratori sono ripartiti all’interno degli edifici scolastici, pur con le difficoltà legate alla situazione pandemica, riaccogliendo nel gioco del teatro il plotone gioioso della non-scuola e celebrando i trent’anni di questa pratica teatrale con la festa finale dei debutti, un’invasione adolescente del Teatro Rasi che attraversa e divora i classici restituendone l’origine dionisiaca.
«Le facce dei trecento adolescenti che a Ravenna partecipano ai laboratori nelle scuole medie superiori, dai licei agli istituti tecnici, le conosco tutte. Fanno parte della mia vita di regista, di direttore artistico, di scrittore, così come le facce di tanti ateniesi erano parte viva dell’immaginario e della scrittura di Aristofane. Io amo questo rapporto carnale tra autore e spettatore, che non è in questo caso solo un rapporto tra autore e spettatore, perché con questi adolescenti costruiamo insieme eventi scenici sorprendenti. Giochiamo, affrontiamo il tutto con la stessa vitalità che richiede una partita di calcio, un concerto rock… Il palco si fa luogo di energie sporche, furibonde, non accademiche, la vita irrompe nel tessuto dei testi antichi, li attraversa senza rispetto, e il linguaggio fisico della scena diventa per chi se ne impossessa più esaltante di un videogame. Le oscenità della commedia antica o i lirismi di Shakespeare rivivono sulla bocca dei quindicenni come lezioni di nuovo teatro, per me e per gli spettatori che le ascoltano».
Così Marco Martinelli racconta la realtà della non-scuola, esperienza nata dapprima negli istituti superiori della città di Ravenna e poi arrivata in diverse parti del mondo, in alcune delle quali continua tuttora: da Milano alla Sicilia e alla Sardegna, a Scampia e Napoli, Lecce, Matera, Roma, Vicenza, Lido Adriano e Santarcangelo, dagli Stati Uniti alla Francia, dal Senegal al Brasile e al Kenya.
«Il ritorno della non-scuola segna il rinnovarsi di una tradizione ravennate che negli anni ha coinvolto diverse generazioni e migliaia di ragazze e ragazzi – afferma Fabio Sbaraglia, assessore alla Cultura del Comune di Ravenna –. Un’esperienza che per tantissimi ha significato il primo e decisivo incontro con il teatro e che ogni anno coinvolge nuovi protagonisti innescando percorsi creativi e di partecipazione assolutamente straordinari. Per questo salutiamo con grande gioia il riproporsi di un’iniziativa che si è profondamente radicata nella nostra comunità e che ha seminato teatro anche in tantissime parti del mondo. Un ringraziamento particolare, oltre naturalmente a Ravenna Teatro, va a tutte le insegnati e gli insegnanti che anche quest’anno hanno deciso di accompagnare il progetto con impegno e passione».
Attraverso il contagio della non-scuola si è innestato tra la scena e l’universo corale dei ragazzi un atto teatrale che è al contempo pedagogico e artistico e che ha generato negli anni un flusso che vede migliaia di giovani appassionarsi alla scena e allo sguardo, chiamati a rivitalizzare in profondità la cultura teatrale di una città.
A Ravenna la non-scuola rappresenta un bacino di coinvolgimento che ogni anno raccoglie nei suoi laboratori circa 300 ragazzi più gli insegnanti, nonostante la difficile situazione economica delle scuole e quindi la poca disponibilità a investire sull’esperienza teatrale, e nonostante le difficoltà che gli istituti incontrano nell’organizzazione dei laboratori. Ravenna Teatro continua tuttavia questo dialogo prezioso anche investendo di proprio: nel 95% dei casi infatti la non-scuola è guidata da ragazzi che proprio nella non-scuola sono cresciuti, perché le guide di oggi sono quelle che la non-scuola l’hanno fatta in passato, sono quei ragazzi e ragazze che si sono ammalati di teatro e che ora vogliono provare a fare del teatro la propria vita.
Proprio nel rapporto prezioso con le guide, da quest’anno si sta pensando a un percorso di riflessione teorica dedicato a loro e aperto alla città, che indaghi questioni pedagogiche e racconti possibili pratiche nella relazione con l’altro che è l’adolescente, un percorso di nutrimento e confronto a latere dell’esperienza fatta nelle scuole durante i laboratori.
Anche quest’anno, come nel 2017 in occasione di Inferno, Ravenna Teatro proporrà a tutti i partecipanti della non-scuola – di Ravenna e di tutta Italia – di partecipare anche a PARADISO. Chiamata Pubblica per la “Divina Commedia” di Dante Alighieri, di Marco Martinelli e Ermanna Montanari, una coproduzione Ravenna Festival e Teatro delle Albe–Ravenna Teatro, che sarà in scena nel programma del Festival dell’estate 2022.
Si ringraziano
Comune di Ravenna-Assessorato alla Cultura, Regione Emilia-Romagna, MIC Ministero della Cultura, Ravenna Teatro, BCC Credito Cooperativo Ravennate Forlivese Imolese Soc. Coop., Confcooperative Romagna, Fondazione Flaminia, 700 Viva Dante Ravenna 1321-2021.
I PARTECIPANTI
Liceo Artistico “P. L. Nervi – G. Severini”, Liceo Classico “D. Alighieri” – Istituto Magistrale “M. Di Savoia”, Liceo Scientifico “A. Oriani”, ITIS “N. Baldini”, ITG “C. Morigia”, ITAS “L. Perdisa”, Fondazione Flaminia per l’Università in Romagna, Assessorato al Decentramento del Comune di Ravenna –Castiglione di Ravenna, Scuola Secondaria 1° grado “G. Zignani”.
IL PROGRAMMA
mercoledì 16 marzo ore 21
I.T.I.S. “N. Baldini”, I.T.G. “C. Morigia”, I.T.A.S. “L. Perdisa” Alcesti
ispirato a Euripide
sabato 19 marzo ore 21 –> DATA POSTICIPATA: domenica 10 aprile
Liceo Classico “D. Alighieri”, Istituto Magistrale “M. Di Savoia” Dopo la tempesta
ispirato a La Tempesta di William Shakespeare
lunedì 28 marzo ore 21
Fondazione Flaminia per l’Università in Romagna 33 Svenimenti
ispirato a Una domanda di matrimonio, L’anniversario, L’orso di Anton Čechov
martedì 29 marzo ore 21 –> DATA POSTICIPATA: sabato 23 aprile
Liceo Artistico “P. L. Nervi – G. Severini” Lisistrata
ispirato a Aristofane
giovedì 7 aprile ore 21
Liceo Scientifico “A. Oriani” Anti-gone
ispirato a Antigone di Sofocle
venerdì 8 aprile ore 21
Ass.to al decentramento del Comune di Ravenna – Castiglione di Ravenna, Scuola Secondaria 1° grado “G. Zignani” Tirate! Spennate! Battete! Scuoiate!
ispirato a Gli Uccelli di Aristofane
BIGLIETTI TEATRO RASI
Biglietti in vendita il giovedì dalle 16 alle 18, da un’ora prima degli spettacoli e on-line su ravennateatro.com e vivaticket.com
intero 5 €, ridotto* 3 €
*under20, studenti universitari e docenti degli Istituti coinvolti
È fortemente consigliato l’acquisto in prevendita
INFORMAZIONI
Ravenna Teatro, tel. 0544 36239
Biglietteria teatro Rasi, via di Roma 39 Ravenna, tel. 0544 30227 (aperta il giovedì dalle 16 alle 18 e da un’ora prima degli spettacoli)
Ogni attività verrà svolta nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di prevenzione e contenimento del Covid-19. Per accedere ai luoghi di spettacolo è necessario, oltre all’obbligo di indossare la mascherina FFP2, essere in possesso di Green Pass rafforzato a partire dai 12 anni compresi.
Riapre il Teatro Rasi dopo sette mesi di ristrutturazioni che hanno consegnato alla città una sala completamente rinnovata, con una gradinata e un nuovo ridotto. Festeggiamo questa ripartenza suggerendovi la lettura di COLTURA TEATRALE, testo scritto da Marco Martinelli nel 1992 per il centenario del Rasi, appena un anno dopo la nascita di Ravenna Teatro.
Penso alla storia di questo edificio. È nato come chiesa, Santa Chiara, da cento anni è un teatro. Penso alle origini del teatro, in Grecia, nel Medioevo, origini religiose. Questo luogo è stato abitato per secoli dalle clarisse, poi è diventato una cavallerizza, infine un teatro. Preghiere, animali, maschere. In un modo misterioso, che mi sfugge, un luogo è anche la storia dei fantasmi che l’hanno attraversato. Quando lavoro penso alle suore e ai cavalli, e provo a immaginarmeli. Combatto con l’oblio, mi sforzo. Ci riesco soprattutto quando il teatro è vuoto. In silenzio. Nel vuoto e nel silenzio si formano le immagini: esseri umani che meditano e contemplano, gente che grida e batte le mani, cavalli che corrono e scalpitano, silenzio e strepito, sudori e canti e racconti: il teatro! Penso al caso di un centenario che scocca nel primo anno di vita di Ravenna Teatro. E penso anche che il caso non esiste, esistono la memoria e l’oblio.
Penso al Rasi come a un luogo di COLTURA TEATRALE. Mi piace parlare del nostro lavoro come lavoro contadino. Mi piace la lentezza, la necessità della lentezza, biologica, stagionale, straniera in un’epoca che sacrifica alla velocità industriale, usa e getta, produci e consuma e dimentica. Penso al teatro che nasce dagli antichi riti di fertilità della terra, penso a un teatro dialettale e epico (la terra è sempre un dialetto!), penso alla possibilità del racconto e della visione. Penso al Rasi come a una casa dei teatranti, vecchi e giovani, affermati e sconosciuti, professionisti e dilettanti. Penso che un’autentica coltura teatrale la si fa se non si ha l’animo da mercanti, se si accetta la sfida di far vivere il teatro DENTRO la città, non come corpo separato, isola felice e infelice, ma come luogo ricco di tensioni vitali, battagliero, spazio per incroci e innesti, organismo vivente, animale che RESPIRA insieme alla città. Penso a un impegno vero, politico per quel che la parola significa, legato alla polis, non alle tessere dei partiti; penso a tutto questo, e mi viene da ridere. Perché sembra invece che il destino degli intellettuali, in questo fine secolo, sia quello di sostare come soprammobili bercianti nei salotti televisivi, oppure quello di starsene indifferenti nelle proprie tane d’avorio: non certo quello di vegliare sui campi di battaglia della memoria e dell’oblio là dove si decide e si sagoma, e si legittima l’identità collettiva.
Penso a Leopardi, a quelle sue parole: «la moda è sorella della morte». A quelle religiose che hanno vissuto e sono morte in questo luogo, magari hanno scritto e recitato come la Rosvita di Gandersheim dipinta da Ermanna. A Leo de Berardinis, che da poco ha aperto un teatro a Bologna e lo ha chiamato LO SPAZIO DELLA MEMORIA. Penso che c’è un modo banale, ingessante, nel guardare alle proprie radici: e poi penso che ce n’è un altro, che invece ci nutre, ci scalda, essenzialmente inventivo. Perché le radici non esistono, e vanno inventate.
Marco Martinelli, Ravenna, 16 aprile 1992. tratto da “1992-Centenario del Teatro Rasi” a cura di Ermanna Montanari e Cristina Ventrucci, Edizioni Ravenna Teatro, Ravenna, 1992
Grande successo delle due serate al Socjale incentrate sul gioco d’azzardo
Oltre che a un tutto esaurito di pubblico, le due serate al Teatro Socjale del 30 novembre e 1 dicembre – in cui Marco Martinelli e il Teatro delle Albe hanno portato in scena Slot Machine, mentre la giovanissima compagnia ravennate Anime Specchianti ha presentato Partita aperta. Il modo più sicuro di ottenere nulla da qualcosa – hanno ottenuto una grande attenzione di pubblico durante gli incontri a seguito degli spettacoli, che hanno coinvolto Ausl Romagna – SerD ed “ESC – sportello per giocatori d’azzardo e familiari” dei Comuni di Ravenna, Cervia e Russi.
Sia Slot Machine (che racconta la caduta vertiginosa di un giocatore, di un annegare nell’azzardo, dove ogni legame affettivo viene sacrificato sull’altare del niente) che Partita aperta (in cui si porta in teatro la compulsione da gioco d’azzardo, trasmettere al pubblico i meccanismi che vincolano le persone che ne soffrono) hanno toccato nervi scopertissimi della società attuale, e prova ne sono stati anche gli incontri che hanno animato il Socjale dopo i due spettacoli e che hanno coinvolto Marco Martinelli, Claudio Forleo (Avviso Pubblico), Valeria Bellante (Libera Ravenna), Massimo Manzoli (Mafie Sotto Casa), Andrea Caccìa (operatore sportello ESC), la dott.ssa Chiara Pracucci (SER.DP e Ass. Giocatori Anonimi) e due ex giocatori dell’Ass. Giocatori Anonimi.
«Da tempo l’Amministrazione comunale e l’intera comunità ravennate è attenta e vigile rispetto alla problematica del gioco d’azzardo compulsivo – ha affermato l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Ravenna, Gianandrea Baroncini –. In questi anni si è creata una rete di servizi e relazioni che sta dando risposte concrete a chi si trova a vivere in prima persona questa malattia, ma anche a familiari e amici. La prevenzione, però, resta il tema principale e conoscere i meccanismi della dipendenza dal gioco d’azzardo è importante proprio perché la consapevolezza è uno scudo, una protezione. Progetti artistici come questi, grazie alla sensibilità degli attori e delle attrici, offrono un messaggio potente che arriva diretto. Certo ferisce, ma proprio per questo, passando attraverso le emozioni, rimane impresso dentro ognuno di noi. La sua diffusione, penso in particolare all’ambito scolastico, è da perseguire per diventare sempre di più una società attenta a tutte le dinamiche legate al gioco d’azzardo che passano anche attraverso l’arte e la cultura. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno permesso la realizzazione di queste due serate».
«Quelle al Socjale – aggiunge Alessandro Argnani, direttore di Ravenna Teatro e interprete di Slot Machine – sono state due serate attorno al gioco d’azzardo che hanno dimostrato quanto la città di Ravenna, attraverso diversi soggetti, dall’Amministrazione comunale fino alle varie associazioni, stia cercando di lavorare per rafforzare gli anticorpi nei confronti del gioco compulsivo, che è una vera e propria malattia. Il fatto che ci siano così tante esperienze diverse – compagnie teatrali, istituzioni, videomaker, associazioni come Libera o Mafie sotto casa – è solo la dimostrazione che nella nostra città c’è una propensione a non rassegnarsi alla morte dei singoli, che si ha ancora desiderio di riscoprire una comunità e che nel momento del bisogno questa comunità riesce a rimanere unità. Questi due giorni possono essere la continuazione del progetto “Per non morire di gioco d’azzardo” ideato da Fabrizio Varesco, e nei prossimi anni potrebbero diventare un appuntamento fisso per continuare a riflettere, ragionare, cercare soluzioni, affinché la malattia del gioco compulsivo, simile ad altre malattie dell’anima, possa essere riconosciuta prima che diventi un baratro».
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