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Si alza il sipario per i più piccoli

spettacoli per scoprire la bellezza nascosta dietro alle paure

Il 25 ottobre viene inaugurata la rassegna Famiglie e Scuole, che da quest’anno cambia nome ed entra a far parte de La Stagione dei Teatri

Le stagioni denominate La Stagione dei Piccoli e Ragazzi a Teatro – sostenute dall’assessorato alla Scuola del Comune di Ravenna per la valenza della funzione del teatro in questo ambito – da quest’anno si unificano e cambiano nome in Famiglie e Scuole, affiancando il programma de La Stagione dei Teatri. A rimanere invariato è il pubblico a cui la programmazione di Drammatico Vegetale/Ravenna Teatro si rivolge: da un lato ci sono i ragazzi e le ragazze delle scuole, dal nido agli istituti secondari di primo grado, accompagnati dai loro insegnanti, mentre dall’altro ci sono famiglie che intendono usufruire del potere immaginifico del teatro per donare ai bambini e alle bambine nuovi strumenti di lettura del presente.
La rassegna 2022/23 conta ventidue spettacoli portati in scena da compagnie che provengono da tutt’Italia e che hanno partecipato a festival internazionali. Protagonisti sono storie e personaggi diversi che, in molti casi, inducono ad affrontare i propri mostri imparando dalle favole. Spettacoli per riflettere sul tema della diversità, che invitano a scoprire la bellezza nascosta dietro alle paure.

Accanto agli spazi del Teatro Rasi viene così riconfermato il palcoscenico del teatro Socjale di Piangipane, che torna ad essere uno spazio dedicato all’infanzia grazie alla rinnovata collaborazione di Drammatico Vegetale/Ravenna Teatro con la Fondazione del Teatro Socjale.

La Stagione sarà inaugurata il 25 ottobre al Rasi da una produzione di Ravenna Teatro dal titolo Thioro. Un cappuccetto rosso senegalese, vincitore del premio Eolo Award 2019 proprio come migliore produzione. A cura di Ker Théâtre Mandiaye Ndiaye, lo spettacolo è nato in Senegal nel solco della feconda relazione del Teatro delle Albe con Diol Kadd e gli attori legati a Mandiaye N’Diaye. Mettendo in corto circuito la fiaba europea di Cappuccetto Rosso con la tradizione africana, Thioro vede in scena e in dialogo Adama Gueye, Fallou Diop, attori e musicisti, e Andrea Carella, compositore e trombettista. Un viaggio dal ritmo pulsante, che grazie all’intreccio di lingue, strumenti e immaginari porterà ogni spettatore alla scoperta non del bosco, ma della savana, e all’incontro non con il lupo, ma con Buky la iena.

Accanto a questa compagnia proveniente dall’Africa ci sono diverse produzioni da fuori regione tra le migliori in Italia, che rinsaldano un rapporto di relazioni intrecciate negli anni da Drammatico Vegetale, storica realtà guidata da Pietro Fenati ed Elvira Mascanzoni, curatori della rassegna in cui sono presenti con i loro spettacoli. Il programma comprenderà infatti due nuovi progetti firmati dai due direttori artistici: la produzione dal titolo Albero e il riallestimento di uno storico spettacolo dal titolo Viaggio in aereo. A gennaio tornerà inoltre la collaborazione con i Menoventi in occasione della giornata della memoria con lo spettacolo Lei conosce Arpad Weisz? per riflettere sull’indifferenza all’antisemitismo che ha segnato la fine degli anni Trenta, mentre saranno due le rappresentazioni che rientreranno nel festival internazionale Arrivano dal mare! in co-programmazione con Teatro del Drago.

BIGLIETTI

Per le famiglie ingresso unico 5 euro. I biglietti sono in vendita sul sito.
Prevendita telefonica solo tramite Satispay al numero 333 7605760 da lunedì a venerdì dalle 10:00 alle 13:00.
La biglietteria è aperta il giovedì dalle 16:00 alle 18:00 al Teatro Rasi e da un’ora prima nei luoghi di spettacolo.

Per le scuole ingresso spettacoli 5 euro, gratuito per insegnanti e accompagnatori.
Le scuole possono fare richiesta di trasporto organizzato al costo di 4 euro a persona
(il servizio non copre il percorso per il Teatro Socjale). Prenotazioni esclusivamente per via telefonica dal martedì al giovedì dalle 9:30 alle 12:00 e il mercoledì anche dalle 15:00 alle 18:00 allo 0544 30227 (referenti Sara Maioli e Monica Randi). Il modulo per la conferma della prenotazione va scaricato dal sito ravennateatro.com e inviato entro tre giorni a ragazziateatro@ravennateatro.com. Il pagamento va effettuato con bonifico bancario inviando la ricevuta via mail una settimana prima dello spettacolo. Le disdette vanno comunicate sia telefonicamente che via mail 20 giorni prima: la mancata comunicazione (escluse cause di forza maggiore) comporta il pagamento di una penale pari a 3 euro per ogni prenotato.

Gli spettacoli per le scuole sono organizzati in collaborazione con Accademia Perduta/ Romagna Teatri.

Chi visiterà il nuovo negozio di Stadera in via Antonio Cesari a Ravenna potrà inoltre prenotare i biglietti ad un prezzo scontato per lo spettacolo Thioro. Un cappuccetto rosso senegalese.

INFORMAZIONI

Gli uffici di Ravenna Teatro sono aperti dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00, tel. 0544 36239.

Dal 4 al 6 ottobre al Rasi il prologo di Fèsta

E production e Ravenna Teatro presentano il prologo di Fèsta, festival delle arti performative contemporanee, dal 4 al 6 ottobre al Teatro Rasi di via Roma 39. Le prime due giornate verranno inaugurate, alle 19, dallo spettacolo della compagnia Menoventi, dal titolo Entertainment. Una commedia in cui tutto è possibile, seguito, alle 21, da Siamo tutti cannibali, produzione firmata da Roberto Magnani / Teatro delle Albe. Giovedì 6 sarà invece possibile assistere al solo spettacolo delle Albe che sarà però fissato alle 21.30.

“Senza di te io non esisto”, “si può amare qualcuno che non c’è?”. Ivan Vyrypaev, autore del testo dello spettacolo, ci accompagna attraverso queste riflessioni e domande ai confini della rappresentazione. In Entertainment. Una commedia dove tutto è possibile un uomo e una donna vanno a teatro per assistere a uno spettacolo che li porta a interrogarsi sull’intima natura dell’intrattenimento. Spettatori attenti e curiosi, condividono e commentano le loro intuizioni sulle regole della finzione teatrale e sul rapporto che intercorre tra i fantasmi che popolano il palcoscenico, senza però riuscire a individuare un netto confine tra l’attore e il personaggio. In scena gli attori Tamara Balducci e Francesco Pennacchia sono guidati dalla regia di Gianni Farina di Menoventi.

In Siamo tutti cannibali è invece l’abisso che abita ogni essere umano il vero protagonista. Una “sinfonia” – nata da una personalissima selezione di brani tratti dal capolavoro letterario di Herman Melville ad opera dell’attore protagonista Roberto Magnani – in cui il contrabbasso diventa la voce dell’intera Pequod, la baleniera capitanata da Achab, pervasa dagli scricchiolii del ponte sotto i piedi dell’equipaggio, come dal furioso sbattere di code degli squali affamati contro la prua e in cui risuonano le voci del capitano con una gamba sola, di Ismaele e di tutti coloro  che popolano il veliero. Lo spettacolo nasce dalla richiesta che il contrabbassista Giacomo Piermatti ha rivolto a Magnani dopo aver collaborato con lui alla Chiamata Pubblica – progetto che ha coinvolto centinaia e centinaia di cittadini e cittadine nella costruzione di uno spettacolo dedicato alla trilogia dantesca – insieme  regista del suono Andrea Venieri, allievo di Luigi Ceccarelli, storico collaboratore del Teatro delle Albe. 

BIGLIETTI

Intero 10 euro, ridotto 8 euro Under 30  e abbonati a La Stagione dei Teatri.

Promozione  Entertainment + Siamo Tutti cannibali 12 euro.

I biglietti si possono acquistare nella biglietteria on-line oppure presso la biglietteria del Teatro Rasi il giovedì dalle 16 alle 18, la sera stessa dello spettacolo oppure prenotando al 3337605760 e pagando con Satispay o tramite bonifico.

 

INFORMAZIONI E CONTATTI

Ravenna Teatro tel. 0544 36239 / 3337605760, info@ravennateatro.com Gli uffici di Ravenna Teatro sono aperti al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 18 presso il Teatro Rasi in via di Roma 39 a Ravenna. 

Vladimir Majakovskij: il caso è aperto

note di regia, materiali e appunti di Gianni Farina sul “caso Majakovskij”

Raccontare gli ultimi giorni di Vladimir Majakovskij significa raccontare la fine di una generazione straordinaria, la rapidissima parabola di un manipolo di ragazzi che si riunirono sotto il vessillo della Rivoluzione d’Ottobre, trasformarono radicalmente il modo di concepire le rispettive discipline e, soffocati dalla deriva autoritaria della loro utopia, terminarono con violenza la produzione artistica o la vita stessa.

Majakovskij fu il massimo esponente di quella generazione, il primo della classe, il più in vista, il poeta più amato, idolatrato, invidiato, deriso. Negli ultimi due anni della sua breve esistenza disseminò poemi e commedie con rimandi al viaggio nel tempo. Decise di rivolgersi direttamente ed esplicitamente ai posteri, escludendo i propri contemporanei, come se volesse ignorare il presente per inviare messaggi, preghiere e moniti agli “uomini del futuro”. La resurrezione – un altro modo di viaggiare nel tempo, a ben guardare – divenne un tema ricorrente. Perché? A nostro avviso Majakovskij stava già rinunciando a vivere nel suo mondo e nel suo tempo, stava demandando la propria felicità a un mondo a venire, un mondo popolato da uomini e donne fosforescenti.

Nel poema Di questo Majakovskij descrive il “Laboratorio delle resurrezioni umane”, nebuloso edificio abitato da un “chimico del XXX secolo”, in grado di resuscitarlo. Questo passaggio è meravigliosamente restituito da Carmelo Bene.

La trasformazione alchemica – dalla carta del libro alle tavole del palco – ci ha condotti all’ideazione di un giallo fantastico che adotta alcuni stilemi di Mejerchol’d e che utilizza la ripetizione e il time-shift per restituire le molteplici prospettive che ricalcano le testimonianze legate al mistero della morte di Majakovskij. La sua produzione poetica si intrecciò alla biografia al punto che è impossibile confrontarsi con uno solo dei due aspetti; cercare dimettere ordine agli ultimi frenetici giorni del poeta significa inquinare le prove con altre dimensioni narrative, occorre rimodulare il linguaggio ogni volta che si incontra un nuovo punto di vista e occorre rapportarsi ogni volta in maniera diversa con la nostra giuria: il pubblico.
Majakovskij, Lili, Jansin, Nora e gli altri protagonisti di questa triste vicenda presero parte nel conflitto tutto teatrale tra le sperimentazioni di Mejerchol’d e le tecniche ormai consolidate del Teatro d’Arte; l’eredità di queste blasonate scuole si alterna nel nostro progetto come se Naturalismo e Biomeccanica fossero due modi alternativi di concepire non solo l’arte drammatica ma la storia russa.È possibile osservare il cordoglio – non sempre genuino a mio avviso – di alcune figure chiave dello spettacolo nel video commemorativo che venne girato in occasione dei funerali di Majakovskij, il 17 Aprile 1930.
Il dispositivo scenico che alterna differenti linee narrative; un meccanismo che rimescola gli elementi del sistema per rimettere ogni volta in discussione la verità sfocata che muove l’indagine dell’autrice. Come è morto Majakovskij? Perché?

L’interrogatorio

In questo campo di azione vengono interrogati i principali testimoni: Veronika Polonskaja, attrice e musa erotica del poeta, che ebbe un alterco con il poeta pochi secondi prima del fatale colpo di pistola; Lili Brik, amica, amante e guida politica del protagonista, qui sotto immortalata dall’amico Rodchenko in una foto che ha fatto la storia.

Oltre alle due donne, i vicini di casa e altre persone vengono chiamati a testimoniare, ribaltando ogni volta la versione dei fatti. Tra pettegolezzi e complottismi si fanno largo alcune parole importanti, indelebili; sono i commenti di colleghi e amici che sinceramente stimarono il poeta. Artisti, registi, intellettuali e scrittori che ci offrono un ritratto crudo e sublime.

La stanza-barchetta

In questa linea narrativa, ambientata nello studio del poeta tra il 12 e il 14 aprile 1930, gli stessi attori (più Majakovskij) mettono ripetutamente in scena gli eventi salienti, cambiando ogni volta un dettaglio, una parola, uno sguardo, seguendo le molteplici ricostruzioni frutto dell’interrogatorio. A volte però si assiste a qualcosa che forse era sfuggito all’indagine…

Majakovskij chiamava il suo studio “stanza barchetta”. Qui si tolse la vita la mattina del 14 aprile 1930. Nel museo a lui dedicato, chiuso da quasi dieci anni per lavori in corso (sic!), è possibile vedere la stanza-barchetta, ferma nel tempo.

Il teatro

Pochi giorni prima del decesso, il poeta viene chiamato a leggere e commentare in pubblico alcune opere. Già profondamente segnato dalla crisi, Majakovskij si esibirà per l’ultima volta davanti a una platea particolarmente ostile. Cos’è successo? La sua voce, meno “piena” ora, non riesce a scalfire la sala; la sua tagliente ironia viene a mancare e non riesce a ribattere alle continue provocazioni e offese che provengono dagli spettatori. Qualcuno parla di congiura, non si capisce tanta malevolenza, le opere lette in quell’occasione sono tra le composizioni più belle della sua produzione.

Questa situazione viene replicata nel nostro tempo, nel nostro teatro e abbiamo modo di assistere alla lettura di alcuni capolavori che parlano di morte, resurrezione e viaggi nel tempo.
Per farsi un’idea della forza espressiva e della voce di Majakovskij è possibile consultare questa rara incisione degli anni ‘20, in cui il poeta legge il suo componimento giovanile Ascoltate!

I testimoni sono concordi nel lodare l’efficacia scenica di Majakovskij, che fu anche attore. La signorina e il teppista (Барышня и хулиган, 1918) è l’unico film che lo vede protagonista e che è giunto fino a noi in versione integrale. Bizzarramente non siamo di fronte a un soggetto del poeta-sceneggiatore; ha invece superato il crinale del secolo un’opera tratta da “La signorina e il teppista” di E. De Amicis, girato da Evgenij I. Slavinskij nel 1918.

Il bagno

Banja, la Commedia con fuochi d’artificio che ha debuttato un mese prima degli eventi narrati, segna una svolta nella vita del cantore della rivoluzione: “è un fiasco colossale” si dirà. Anche in questo caso circolano voci sul sabotaggio della critica, della RAPP, ma nulla è dato per scontato (e noi come Serena Vitale siamo allergici ai complottismi). Certo è che le figure stralunate dell’opera fantascientifica popolarono la mente del protagonista in quei giorni, portando apparizioni ora visibili anche a noi: la donna fosforescente, in particolare, capace di viaggiare nel tempo e condurre lo spettatore nel cuore della storia.

Banja fu scritto da Majakovskij nell’inverno tra il ‘29 il ‘30, e venne messo in scena dall’amico e sodale Vsevolod Ėmil’evič Mejerchol’d.

E proprio la Donna Fosforescente, ultima sorprendente fantasia teatrale dell’autore sovietico, si emancipa nel nostro lavoro dal “dramma con circo e fuochi d’artificio” per guidare lo spettatore attraverso quell’intrico di prospettive e ricostruzioni raccolte da Serena Vitale.
La Donna Fosforescente ci chiede di osservare e ascoltare con attenzione qualche frammento di una vita speciale, la vita di un poeta che decise di proiettarsi nel futuro e chiedere asilo agli “spettabili discendenti”, ai “compagni posteri”.
Noi siamo quegli uomini del futuro, e siamo convinti che si debba prestare attenzione alle sue parole.
Qui sotto due foto dedicate alla meravigliosa Zinaida Reich, moglie del regista (morta assassinata come il marito dopo l’arresto da parte dell’OGPU) che interpretava la Donna Fosforescente.

Il presidente del globo terrestre, sezione musica

Sergej Prokof’ev e Dmitri Shostakovich furono i due musicisti più amati dal defunto. Il primo venne nominato “presidente del globo terrestre per la sezione musica” in una dedica, al secondo vennero affidate le musiche di scena per La cimice.

Il progetto sonoro che ho curato per lo spettacolo segue due linee che possiamo definire regole compositive.
Per prima cosa ho utilizzato (trasformandoli e riadattandoli) solo brani di compositori sovietici, dagli anni ‘30 fino all’89. Oltre ai due autori già citati, sono presenti in particolare Galina Ustvol’skaja e il più recente talento russo Sergey Kuryokhin, che amo moltissimo.
Oltre alla parte musicale, balza all’orecchio un paesaggio sonoro composto prevalentemente da intercettazioni militari sovietiche, il misterioso fenomeno chiamato UVB-67.

In Siberia e altrove sono state individuate enigmatiche stazioni radio che emettono un “buzz” regolare dagli anni ‘60 fino ai nostri giorni, e non se ne comprende bene la funzione. Per ulteriori approfondimenti rimando al paragrafo “i Segnali radio” di questo articolo pubblicato su Il post. Questo invece un link a una delle raccolte di questi suoni; io ho utilizzato principalmente “the buzzer”, “katok65”, “the pip”, e “the Squeaky wheel”.

Buon ascolto…