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Tutto brucia ORA

La Stagione dei Teatri 2021/2022
Tutto brucia, uno spettacolo di MOTUS
21 aprile 2022, Teatro Rasi

 

In occasione dello spettacolo Tutto brucia di MOTUS, ospite de La Stagione dei Teatri e inserito in ToDay ToDance, pubblichiamo due contributi inviatici da Daniela Nicolò e Enrico Casagrande: un testo di Daniela Nicolò sullo spettacolo con i rimandi al momento angoscioso di guerra che stiamo vivendo e un piccolo video di Vladimir Bertozzi, girato al primo workshop su Tutto brucia, tenutosi a L’Arboreto di Mondaino nel 2020, dove compaiono Brianda Carreras, Silvia Calderoni, Stefania Tansini e RYF.

Fotografia di Claudia Borgia

Tutto brucia. ORA.

Presentare Tutto brucia ora in questo tempo tristemente infestato da una nuova guerra vicina e funesta lo colloca in un’altra prospettiva. È come se avessimo lavorato immaginando la catastrofe, chiusi nell’isolamento della pandemia e ora lo spettacolo con il suo bruciante grido di dolore entra a contatto con una realtà che sta superando di gran lunga la tragedia, che evoca tutte le catastrofi successe nella nostra maledetta storia infettata da machismo e volontà di possesso.
Avevamo lavorato su Cassandra (di Christa Wolf) durante un’altra sanguinosa guerra nella ex-Yugoslavia, nel 1994, dove stupri etnici e campi di sterminio erano di nuovo tornati sotto le telecamere della nostra lacunosa informazione… Poi un susseguirsi di tanti corpi bruciati visti in immagini di guerre lontane, dal Sudan al Congo, alla Siria… (più raramente, perché meno coperte dai media, non minacciando in modo diretto il nostro famigerato benessere).
Echeggiano anche i tanti racconti atroci della detenzione in Libia, sentiti da migranti che abbiamo incontrato in vari campi di pseudo-accoglienza, da Lampedusa alla giungla di Calè, per altri progetti, come Nella Tempesta che di naufragi e decolonizzazione parlava attraverso la scrittura in fiamme di Aimè Cesaire…  Guerre ignorate, così come colpevolmente assente è questa Europa Egoista nelle politiche di accoglienza per chi viene dal sud del mondo e ha altro colore di pelle. Occorre dirlo forte e chiaro.
Ora però l’orrore è arrivato qua, ora questi corpi carbonizzati a pochi chilometri di distanza fanno tremare… Questa mattina su twitter ho trovato questa foto di Francesca Mannocchi che è a Bucha.
“Guardatelo bene il corpo al centro. è un bambino.” Scrive.

Non abbiamo mai pubblicato immagini di guerra, e non amo certo farlo… Questa immagine però parla più di mille proclami e basterebbe non distogliere lo sguardo disgustato per capire l’assurdità del turbine di violenza infinita in cui l’umanità è precipitata “per amore di Caino” come ha detto il Papa… Mai citato il Papa in vita mia, in questo momento è una delle poche autorevoli voci contro. E va fatto. Anche se è un altro grido di Cassandra. Un grido muto, infinito, che…

Qualunque cosa voglia significare,
esso è destinato a durare oltre ogni possibile fine.

Tornano anche le parole di Pasolini, torna tutto il nostro trentennale percorso in questo spettacolo che è attraversato da tante bocche spalancate nel lanciare allarmi.
Ora è certo un urlo di dolore quello che taglia Tutto Brucia: “L’urlo di dolore, quello scaturito da una brusca contrazione del diaframma, quello che è lanciato nell’aria e che si trasforma in un rantolo di gola agghiacciante, e che richiama ogni cellula del corpo a magnificare il lutto. Se dovessimo stabilire quale sia stato il dolore più acuto in tutta la storia dell’umanità, non saremmo capaci minimamente di classificare tutti i vinti della storia e, con essi, l’afflizione degli sconfitti. Ma Euripide nelle Troiane ha aperto un varco gigantesco…”[1] con il suo pacifismo ante-litteram, aggiungiamo, ha spalancato la strada alla voce degli oppressi, dei corpi vulnerabili, di chi non ha nemmeno diritto al lutto, al rito funebre, e finisce nelle fosse comuni.

Non so, non riesco più a scrivere dello spettacolo, lì ci sono queste cose: cenere, umani/animali fusi/liquefatti/mostruosamente  trasformati… Ci sono i corpi delle attrici che provano a dire, a sentire, a com-patire, e lo fanno con grande sincerità e trasporto… C’è la voce di Francesca Ryf Morello che canta, e taglia l’aria con le sue note struggenti raccontando l’inesplicabile… c’è molto fumo e oscurità, che ottenebra la visione, la rende dolorosa…
Ma di fondo c’è che è uno spettacolo, e niente più. C’è che è finzione…
che non potrà mai e poi mai incidere sul precipitare dei fatti. Può forse solo servire a noi, che siamo lì in quella sala, a noi, per sentirci un po’ più vicini e coesi nel ripudiare la guerra e i mercanti d’armi, sempre, comunque, ovunque.
E poi c’è quel bagliore di speranza finale, nell’apocalisse, quell’invito di Ecuba, prima di uscire di scena a transformarci:

Ora è troppo tardi, aspettiamo che il futuro arrivi di nuovo…
E tra duemila anni ancora
il nostro nome sarà su tutte le bocche
e quando non saremo che atomi e fiato
voi maledetti non potrete fare niente, niente
contro questa memoria che vi consuma
perchè saremo tutto,
e saremo ovunque
capaci di prendere qualsiasi forma
e andare …

Così finisce Tutto Brucia con le parole che si fanno rumore, che, sommerse dal noise divengono altro, una lingua minore, asessuata, che:
nel suo essere liberata da ogni intento comunicativo, possiede la gioia della distruzione e la possibilità del cambiamento.

Ecco, il nuovo che si muove sul palcoscenico è fastidioso, violento, incomprensibile, oltre le recriminazioni e le accuse. Mai come oggi possiamo tutti identificarci in chi sta vivendo la fine di un mondo, e mai come oggi è importante quindi un immaginario diverso sul mondo a venire, sebbene il nuovo parli una lingua che non capiamo, perché noi spettatori siamo diventati quella stessa incomprensione. In questo senso è la lingua del reale, che è reale proprio perché incomprensibile. Reale come i corpi scarni e nudi delle attrici, corpi che hanno rinunciato ad ogni fasto, corpi semplicemente corpi.[2]

Fotografia di Vladimir Bertozzi

Corpi. Semplicemente corpi. Che in un soffio possono esplodere, essere schiacciati, bruciare. Sparire. Corpi, semplicemente corpi.
Che possono tornare in altre forme per non dimenticare.
Spettri. Più volte invocati anche nel nostro piccolo spettacolo, da cui aggiungo un altro frammento di testo di Silvia/Ecuba, mentre affonda la testa nella cenere:

Gli spirti dei corpi insepolti, vagano senza pace, (senza riti, senza funerali)
mentre noi siamo trascinate via,
lontane
verso un’altra terra
volando sul mare, una nave ci porterà alla piana dove pascolano i cavalli.
Ci separano, ci portano via
e loro ci seguono, inquieti
si affollano sulla spiaggia
ci guardano partire
e sanno, ora, che sono morti per niente.
Per niente.
Eppure, eppure
vivere non è come morire
vivere è
essere
ancora
possibili.

 

NOTE

[1] Tutto brucia, quando il dolore diviene archetipo universale e senza tempo. 23 Gennaio 2022 – di Antonio Forgione su Eroica Fenice
[2] (da Err scritture dell’imprevisto di Felice Cimatti e Daniela Angelucci)

 

La non-scuola del Teatro delle Albe compie 30 anni

La non-scuola, quell’“asinina” e antiaccademica esperienza di laboratorio teatrale che il Teatro delle Albe tiene viva da trent’anni con gli adolescenti, nel segno del cortocircuito di arte e vita che la compagnia accende ogni giorno, e che vede la partecipazione di centinaia di adolescenti, riparte dopo due anni di sospensione forzata.
Dopo un prologo la scorsa estate tra Ravenna e il forese, questa pratica, che da sempre si confronta con l’energia gioiosa dei molti, è tornata nelle scuole e metterà come di consueto in atto la sua dionisiaca serie di debutti al Teatro Rasi, da mercoledì 16 marzo a venerdì 8 aprile (ATTENZIONE: il programma ha subito variazioni, controllare il calendario sul sito).
Avviata da Marco Martinelli trent’anni fa, la non-scuola è tuttora fonte di rinnovamento continuo delle proprie fertili istanze, facendo di Ravenna Teatro una sede di alfabetizzazione scenica a più sfaccettature, ed esportando il “modello” in diverse parti del mondo.

Fotografia di Enrico Fedrigoli, grafica Casa Walden

La non-scuola è un laboratorio di teatro – ma nel senso più lato immaginabile – nel quale scompaiono i metodi accademici e dove l’idea stessa di uno scambio di emozioni tra pari è già in sé uno spettacolo. La creazione di “coro”, di cui sono intrise la poetica e l’attività del Teatro delle Albe, sprigiona diverse funzioni dell’identità di Ravenna Teatro. Riguarda infatti le modalità compositive della poetica scenica, dove la moltitudine si rivela coro, in relazione alle radici del teatro occidentale e agli snodi tra arte e comunità. Riguarda la creazione di pubblico e la crescita culturale. Riguarda l’accesso facilitato all’arte teatrale, sia in termini di formazione che di socialità.

Dopo quasi due anni durante i quali proprio le situazioni di “moltitudine” e “coro” sono state difficilmente praticabili, i laboratori sono ripartiti all’interno degli edifici scolastici, pur con le difficoltà legate alla situazione pandemica, riaccogliendo nel gioco del teatro il plotone gioioso della non-scuola e celebrando i trent’anni di questa pratica teatrale con la festa finale dei debutti, un’invasione adolescente del Teatro Rasi che attraversa e divora i classici restituendone l’origine dionisiaca.

«Le facce dei trecento adolescenti che a Ravenna partecipano ai laboratori nelle scuole medie superiori, dai licei agli istituti tecnici, le conosco tutte. Fanno parte della mia vita di regista, di direttore artistico, di scrittore, così come le facce di tanti ateniesi erano parte viva dell’immaginario e della scrittura di Aristofane. Io amo questo rapporto carnale tra autore e spettatore, che non è in questo caso solo un rapporto tra autore e spettatore, perché con questi adolescenti costruiamo insieme eventi scenici sorprendenti. Giochiamo, affrontiamo il tutto con la stessa vitalità che richiede una partita di calcio, un concerto rock… Il palco si fa luogo di energie sporche, furibonde, non accademiche, la vita irrompe nel tessuto dei testi antichi, li attraversa senza rispetto, e il linguaggio fisico della scena diventa per chi se ne impossessa più esaltante di un videogame. Le oscenità della commedia antica o i lirismi di Shakespeare rivivono sulla bocca dei quindicenni come lezioni di nuovo teatro, per me e per gli spettatori che le ascoltano».

Così Marco Martinelli racconta la realtà della non-scuola, esperienza nata dapprima negli istituti superiori della città di Ravenna e poi arrivata in diverse parti del mondo, in alcune delle quali continua tuttora: da Milano alla Sicilia e alla Sardegna, a Scampia e Napoli, Lecce, Matera, Roma, Vicenza, Lido Adriano e Santarcangelo, dagli Stati Uniti alla Francia, dal Senegal al Brasile e al Kenya.

«Il ritorno della non-scuola segna il rinnovarsi di una tradizione ravennate che negli anni ha coinvolto diverse generazioni e migliaia di ragazze e ragazzi – afferma Fabio Sbaraglia, assessore alla Cultura del Comune di Ravenna –. Un’esperienza che per tantissimi ha significato il primo e decisivo incontro con il teatro e che ogni anno coinvolge nuovi protagonisti innescando percorsi creativi e di partecipazione assolutamente straordinari. Per questo salutiamo con grande gioia il riproporsi di un’iniziativa che si è profondamente radicata nella nostra comunità e che ha seminato teatro anche in tantissime parti del mondo. Un ringraziamento particolare, oltre naturalmente a Ravenna Teatro, va a tutte le insegnati e gli insegnanti che anche quest’anno hanno deciso di accompagnare il progetto con impegno e passione».

Attraverso il contagio della non-scuola si è innestato tra la scena e l’universo corale dei ragazzi un atto teatrale che è al contempo pedagogico e artistico e che ha generato negli anni un flusso che vede migliaia di giovani appassionarsi alla scena e allo sguardo, chiamati a rivitalizzare in profondità la cultura teatrale di una città.

A Ravenna la non-scuola rappresenta un bacino di coinvolgimento che ogni anno raccoglie nei suoi laboratori circa 300 ragazzi più gli insegnanti, nonostante la difficile situazione economica delle scuole e quindi la poca disponibilità a investire sull’esperienza teatrale, e nonostante le difficoltà che gli istituti incontrano nell’organizzazione dei laboratori. Ravenna Teatro continua tuttavia questo dialogo prezioso anche investendo di proprio: nel 95% dei casi infatti la non-scuola è guidata da ragazzi che proprio nella non-scuola sono cresciuti, perché le guide di oggi sono quelle che la non-scuola l’hanno fatta in passato, sono quei ragazzi e ragazze che si sono ammalati di teatro e che ora vogliono provare a fare del teatro la propria vita.
Proprio nel rapporto prezioso con le guide, da quest’anno si sta pensando a un percorso di riflessione teorica dedicato a loro e aperto alla città, che indaghi questioni pedagogiche e racconti possibili pratiche nella relazione con l’altro che è l’adolescente, un percorso di nutrimento e confronto a latere dell’esperienza fatta nelle scuole durante i laboratori.

 

Fotografia di Enrico Fedrigoli

 

La non-scuola e PARADISO

Anche quest’anno, come nel 2017 in occasione di Inferno, Ravenna Teatro proporrà a tutti i partecipanti della non-scuoladi Ravenna e di tutta Italia – di partecipare anche a PARADISO. Chiamata Pubblica per la “Divina Commedia” di Dante Alighieri, di Marco Martinelli e Ermanna Montanari, una coproduzione Ravenna Festival e Teatro delle AlbeRavenna Teatro, che sarà in scena nel programma del Festival dell’estate 2022.

 

Si ringraziano

Comune di Ravenna-Assessorato alla Cultura, Regione Emilia-Romagna, MIC Ministero della Cultura, Ravenna Teatro, BCC Credito Cooperativo Ravennate Forlivese Imolese Soc. Coop., Confcooperative Romagna, Fondazione Flaminia, 700 Viva Dante Ravenna 1321-2021.

I PARTECIPANTI

Liceo Artistico “P. L. Nervi – G. Severini”, Liceo Classico “D. Alighieri” – Istituto Magistrale “M. Di Savoia”, Liceo Scientifico “A. Oriani”, ITIS “N. Baldini”, ITG “C. Morigia”, ITAS “L. Perdisa”, Fondazione Flaminia per l’Università in Romagna, Assessorato al Decentramento del Comune di Ravenna –Castiglione di Ravenna, Scuola Secondaria 1° grado “G. Zignani”.

IL PROGRAMMA

mercoledì 16 marzo ore 21
I.T.I.S. “N. Baldini”, I.T.G. “C. Morigia”, I.T.A.S. “L. Perdisa”
Alcesti
ispirato a Euripide

sabato 19 marzo ore 21    –>  DATA POSTICIPATA: domenica 10 aprile
Liceo Classico “D. Alighieri”, Istituto Magistrale “M. Di Savoia”
Dopo la tempesta
ispirato a La Tempesta di William Shakespeare

lunedì 28 marzo ore 21
Fondazione Flaminia per l’Università in Romagna
33 Svenimenti
ispirato a Una domanda di matrimonio, L’anniversario, L’orso di Anton Čechov

martedì 29 marzo ore 21   –>  DATA POSTICIPATA: sabato 23 aprile
Liceo Artistico “P. L. Nervi – G. Severini”
Lisistrata
ispirato a Aristofane

giovedì 7 aprile ore 21
Liceo Scientifico “A. Oriani”
Anti-gone
ispirato a Antigone di Sofocle

venerdì 8 aprile ore 21
Ass.to al decentramento del Comune di Ravenna – Castiglione di Ravenna, Scuola Secondaria 1° grado “G. Zignani”
Tirate! Spennate! Battete! Scuoiate!
ispirato a Gli Uccelli di Aristofane

BIGLIETTI TEATRO RASI

Biglietti in vendita il giovedì dalle 16 alle 18, da un’ora prima degli spettacoli e on-line su ravennateatro.com e vivaticket.com

intero 5 €, ridotto* 3 €
*under20, studenti universitari e docenti degli Istituti coinvolti

È fortemente consigliato l’acquisto in prevendita

INFORMAZIONI

Ravenna Teatro, tel. 0544 36239
Biglietteria teatro Rasi, via di Roma 39 Ravenna, tel. 0544 30227 (aperta il giovedì dalle 16 alle 18 e da un’ora prima degli spettacoli)

Ogni attività verrà svolta nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di prevenzione e contenimento del Covid-19. Per accedere ai luoghi di spettacolo è necessario, oltre all’obbligo di indossare la mascherina FFP2, essere in possesso di Green Pass rafforzato a partire dai 12 anni compresi.

 

Fotografia di Cesare Fabbri